L’insurrezione di Kronstadt: Uno sguardo dall’interno della rivolta. Nel centenario della ribellione – Prima Parte

 

Traduzione dall’originale “The Kronstadt Uprising: A View from within the Revolt. On the 100-Year Anniversary of the Rebellion

Nel Marzo del 1921 una rivolta nell’isola-fortezza di Kronstadt scosse la Russia. [Questo fatto] mostrò, in modo crudo, i conflitti all’interno della rivoluzione russa. In occasione del centenario della rivolta, presentiamo una panoramica di questa rivolta, seguita da una cronologia completa degli eventi – illustrata da una selezioni di documenti storici contemporanei, compresi i 14 numeri del giornale pubblicato dai ribelli di Kronstadt, l’ “Izvestija” [notizie] del Comitato rivoluzionario provvisorio dei marinai, dei soldati e degli operai della città di Kronstadt.1
Anche se numerose e diverse fazioni hanno tentato di ritrarre ideologicamente la rivolta di Kronstad, questa è una rara opportunità di vedere la ribellione dal punto di vista dei ribelli stessi.

Tavola dei contenuti
-Democrazia elettorale, dittatura di partito o autodeterminazione?
-Dal potere dei sovietici al “potere sovietico”.
-“E’ Termidoro. Ma non ci lasceremo ghigliottinare. Faremo noi Termidoro!”
-“Apologeti della dittatura”
-Appendice: Cronologia dell’insurrezione di Kronstadt, compreso il testo del loro giornale
3 marzo
4 marzo
5 marzo
6 marzo
7 marzo
8 marzo
9 marzo
10 marzo
11 marzo
12 marzo
13 marzo
14 marzo
15 marzo
16 marzo
-In seguito
-Ulteriori letture

Democrazia elettorale, dittatura di partito o autodeterminazione?

Sebbene gli anarchici e gli apologeti di Lenin e Stalin avessero dipinto la rivolta di Kronstadt come un conflitto tra anarchici e partito comunista, in realtà questo equivoco nacque dopo una serie di conflitti avvenuti tra le due parti. La rivolta di Kronstadt rappresentò la rottura definitiva tra la dittatura autocratica del Partito Comunista Russo (bolscevico) e ogni altra corrente comunista e socialista del Paese – compresi gli anarchici e altri elementi della classe operaia, in particolare quelli a sinistra dei bolscevichi, dato che questi ultimi adottarono delle politiche di destra. In sostanza, il conflitto tra i rivoluzionari russi anti-capitalisti riguardò, ai tempi, sull’opportunità di affidare il potere ad una dittatura mono-partitica, una politica elettorale rappresentativa o ai consigli operai [soviet] organizzati orizzontalmente.

Dal punto di vista di Lenin e Trotsky, il grande crimine dei ribelli di Kronstadt nel 1921 fu quello di chiedere “Tutto il potere ai soviet e non ai partiti”. I soviet, come erano intesi dai ribelli di Kronstadt, dovevano essere consigli operai decentralizzati, attraverso i quali il popolo poteva praticare direttamente l’autodeterminazione – invece che tentare di esprimere la propria autorità indirettamente, votando dei rappresentanti che avrebbero partecipato all’Assemblea Costituente o, semplicemente, avrebbero eseguito gli ordini di un Comitato Centrale (controllato dal Partito).

Il conflitto tra questi tre modelli politici risaliva a qualche decennio prima. Nel 1903, al secondo congresso del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, il partito si spaccò in due a seguito di un dibattito su come definire il partito. I bolscevichi (“maggioranza”, anche se in realtà non rappresentavano la maggioranza dei partecipanti al congresso), guidati da Vladimir Lenin, erano a favore di una definizione molto rigida del partito, ovvero un gruppo dirigente ristretto e centralizzato. I menscevichi (“minoranza”), guidati da Julius Martov, concepivano il Partito in modo più ampio e che comprendeva tutti quelli in cui si identificavano e sostenevano il suo programma. Entrambi vedevano il Partito come il veicolo del cambiamento rivoluzionario; ma Lenin desiderava costruire un gruppo ristretto che fosse in grado di prendere il potere, mentre Martov era più preoccupato nella promuovere un ampio movimento operaio.

Nel 1904, dopo la divisione tra bolscevichi e menscevichi, Leon Trotsky avvertì che sostituire “un “Partito” posto al di sopra del proletariato (almeno come il compagno Lenin e i suoi sostenitori intendono il termine Partito)”, significava, per la classe operaia nel suo complesso, innalzare un Dittatore – il quale avrebbe sostituito il Partito stesso:

Nella politica interna del partito questi metodi portano, come vedremo più avanti, a far sì che l’organizzazione del partito “sostituisce” il partito, che il Comitato centrale sostituisce l’organizzazione del partito e infine che il dittatore sostituisce il Comitato centrale”

Leon Trotsky, I nostri compiti politici, 1904

Questo conflitto fondamentale non venne mai risolto. Nel 1912, i bolscevichi esclusero formalmente i menscevichi, creando un proprio partito distinto. Dopo la rivoluzione del Febbraio 1917, che estromise lo zar dal potere e instaurò una democrazia rappresentativa sotto un governo provvisorio con un’Assemblea Costituente eletta, Trotsky e Lenin tornarono in Russia dall’esilio e parteciparono al rovesciamento del governo provvisorio nell’Ottobre 1917 – apparentemente per conferire tutto il potere ai soviet (cioè ai consigli operai di base). Nonostante le sue critiche precedenti, Trotsky finì per lavorare con i bolscevichi.

 

Virgilio Mazzoni, “Aurore boreali nel cielo di Russia”, “L’Avvenire Anarchico. Periodico Settimanale”, a. VIII, n. 12, 23 Marzo 1917 (Clicca la foto per leggere l’articolo)
Dott. Kilbaltchich (alias Renato Siglich), “Oltre tutte le aurore – La gran tempesta slava e la Comune di Pietro grado”, Luigi Molinari, “Per la rivoluziona russa e la libertà in Italia!”, articoli pubblicati nelle pagg. 1,2 e 3 de “L’Avvenire Anarchico. Periodico Settimanale,” a. VIII, n. 14, 6 Aprile 1917 (Clicca la foto per leggere gli articoli)
Dott. Kilbaltchich (alias Renato Siglich), “Oltre tutte le aurore – La gran tempesta slava e la Comune di Pietro grado”, Luigi Molinari, “Per la rivoluziona russa e la libertà in Italia!”, articoli pubblicati nelle pagg. 1,2 e 3 de “L’Avvenire Anarchico. Periodico Settimanale,” a. VIII, n. 14, 6 Aprile 1917 (Clicca la foto per leggere gli articoli)

 

Mariuzza (alias Luigi Galleani), “Baleni precursori”, “Cronaca Sovversiva”, a. XV, n. 12, 24 Marzo 1917 (Clicca la foto per leggere l’articolo). L’articolo verrà inserito nella raccolta di testi di Galleani, “Aneliti e singulti”, Biblioteca de L’Adunata dei Refrattari, Newark, 1935, pagg. 318-322

 

Al Secondo Congresso panrusso dei Soviet (7-9 Novembre 1917), i bolscevichi approfittarono di una maggioranza temporanea per trasformare il Comitato esecutivo centrale in un organo di governo ampiamente indipendente che agiva al di sopra dei delegati dei Soviet veri e propri. Nei mesi successivi, i bolscevichi iniziarono a consolidare il potere attraverso il Comitato Centrale. Grazie al controllo della Cheka (la polizia segreta), fecero arrestare i loro oppositori, compreso un delegato socialista rivale al Congresso.2 Quando i bolscevichi, all’inizio del 1918, non ottennero la maggioranza all’Assemblea Costituente, la chiusero e cercarono di affermare la supremazia degli organi politici che controllavano.

Alcuni anarchici si unirono a loro in questo sforzo; infatti, l’anarchico Anatoli Zhelezniakov guidò le azioni che sciolsero il Governo Provvisorio nell’Ottobre 1917 e l’Assemblea Costituente nel Gennaio 1918.3 Gli anarchici si opposero all’Assemblea Costituente perché contrari alla centralizzazione del potere di qualsiasi governo – compreso un governo gestito dalla democrazia rappresentativa. 4 5 Quindi [gli anarchici] non cercarono di creare una dittatura centralizzata a partito unico come i bolscevichi. Collaborare con i bolscevichi si rivelò un errore: dopo la fine dell’Assemblea Costituente, questi si rivoltarono contro gli anarchici come loro prossimo obiettivo. Approfittando dell’ostilità borghese nei confronti degli anarchici, i bolscevichi arrestarono ed uccisero un gran numero di questi a Mosca e a San Pietroburgo a partire dall’Aprile 1918.6

“Bolscevichismo e Anarchismo”, “Il Risveglio Comunista-Anarchico”, a. XIX, n. 491, 22 Giugno 1918, pagg. 3-4 (Clicca la foto per leggere gli articoli)

 

Uno della vecchia guardia, “Gli anarchici di Russia alla riscossa”, “L’Avvenire Anarchico”, a. IX, n. 22, 24 Maggio 1918 (Clicca la foto per leggere l’articolo)

 

Non è mai una buona idea per gli anarchici fare causa comune con gli autoritari, anche in nome della lotta contro il capitalismo e le istituzioni dello Stato.

da Pietrogrado il “Burevestnik” denunciò in termini violenti i bolscevichi, accusandoli di essere passati nel campo dei “Cento Generali neri, della borghesia controrivoluzionaria” : “ Siete dei Caini. Avete assassinato i vostri fratelli. Siete anche dei Giuda, dei traditori. Lenin ha costruito il suo trono d’Ottobre sulle nostre ossa. Adesso— per “ riprendere fiato” — si è sistemato e riposa sui nostri corpi morti, sui corpi degli anarchici. Voi dite che gli anarchici sono stati eliminati. Ma questo è solo il nostro 3-6 Luglio (riferito alle fallite Giornate di Luglio del 1917, nota dell’autore). Il nostro Ottobre deve ancora venire

Avrich Paul, “L’altra anima della rivoluzione. Storia del movimento anarchico russo”, Edizioni Antistato, Milano, 1978, pag. 221

Per tutto il 1918 e il 1919, i bolscevichi concentrarono sempre più potere nelle loro mani, sopprimendo uno dopo l’altro gli altri partiti ed organizzazioni politiche. Nel Giugno 1918, Trotsky abolì il controllo operaio dell’Armata Rossa russa. [Grazie a questa mossa] venne soppressa la tradizione proletaria dove i soldati eleggevano i propri ufficiali e si ripristinarono le gerarchie militari dell’epoca zarista, reclutando e reinserendo gli ufficiali zaristi nell’esercito. Nell’Agosto 1918 e di nuovo nel 1919, i bolscevichi usarono l’esercito per eseguire esecuzioni di massa contro i lavoratori in sciopero – scaturiti, quest’ultimi, dalle condizioni lavorative.

Un murale realizzato a San Pietroburgo nel Marzo 2021 in occasione del centenario della rivolta di Kronstadt. Il disegno recita “Morte alla borghesia”, un riferimento ad un famoso striscione dei marinai ribelli di Kronstadt.

 

Dal potere dei sovietici al “potere sovietico”

In questo contesto, Julius Martov, ex amico e compagno di Lenin nel Partito Operaio Socialdemocratico Russo, sostenne che i bolscevichi, proclamandosi rappresentanti del “potere del soviet” – e mettendo da parte i soviet veri e propri e abolendo le strutture della democrazia rappresentativa -, esaltarono gli aspetti autoritari dello Stato abolendo, al tempo stesso, quelli desiderabili. Nel 1919, in “Decomposizione o conquista dello Stato”, Martov sostenne, a torto o a ragione 7, che Karl Marx e Friedrich Engels non avessero mai inteso istituire una dittatura mono-partitica – specie se si avvaleva delle strutture autoritarie dello Stato. [I due teorici comunisti, invece,] invitarono il proletariato ad abolire “i lati peggiori” dello Stato democratico (ad esempio: la polizia, l’esercito permanente, la burocrazia come entità indipendente, la centralizzazione esagerata, ecc.)

Secondo gli standard odierni, Martov si presentava come un confederalista democratico ante-litteram dove chiedeva l’abolizione della polizia e delle burocrazie permanenti e vedeva nella democrazia diretta un modo per riabilitare lo Stato. Questa posizione è ben lontana da quella anarchica – secondo cui tutte le forme di potere centralizzato dovrebbero essere abolite -, ma illustrava l’ampiezza delle prospettive socialiste e comuniste nella Russia dell’epoca – dove i bolscevichi rappresentarono l’estremità più autoritaria di un ampio spettro di pensiero riguardante l’opportunità di affidare il potere alle istituzioni democratiche rappresentative, ai consigli operai auto-organizzati o a una dittatura autocratica a partito unico.

Ne “L’ideologia del “sovietismo””, pubblicato nello stesso anno, Martov elaborò la sua critica ai bolscevichi. Vale la pena citare il seguente brano per esteso perché [con esso si] dimostra come l’autoritarismo – imputato a Stalin secondo alcuni apologeti filo-bolscevichi – fosse essenziale nel programma dei bolscevichi fin dall’inizio, riconosciuto [in particolare] dai loro ex compagni:

Lo “Stato sovietico” non ha stabilito in nessun caso l’elettività e il richiamo dei funzionari pubblici e del personale di comando. Non ha soppresso la polizia professionale. Non ha assimilato i tribunali nella giurisdizione diretta delle masse. Non ha eliminato la gerarchia sociale nella produzione. Non ha diminuito la totale sottomissione della comunità locale al potere statale. Al contrario, in proporzione alla sua evoluzione, lo Stato sovietico mostra una tendenza opposta. Mostra una tendenza all’intensificazione del centralismo dello Stato, una tendenza al massimo rafforzamento dei principi di gerarchia e coercizione. Mostra una tendenza verso lo sviluppo di un apparato repressivo più specializzato di prima. Mostra una tendenza verso la maggiore indipendenza delle funzioni solitamente elettive e all’annientamento del controllo di queste funzioni da parte delle masse elettorali. Mostra una tendenza verso la totale libertà degli organismi esecutivi dalla tutela degli elettori. Nel crogiolo della realtà, il “potere dei soviet” è diventato il “potere sovietico”, un potere che originariamente nasceva dai soviet, ma che è diventato costantemente indipendente dai soviet. Dobbiamo credere che gli ideologi russi del sistema sovietico non abbiano rinunciato completamente alla loro idea di un ordine sociale non statale – scopo della rivoluzione. Ma per come vedono ora le cose, la strada verso questo ordine sociale non statale non si trova più nella progressiva atrofizzazione delle funzioni e delle istituzioni che sono state forgiate dallo Stato borghese – come dicevano loro nel 1917. Ora sembra che la loro strada verso un ordine sociale libero dallo Stato risieda nell’ipertrofia – l’eccessivo sviluppo – di queste funzioni e nella resurrezione, sotto un aspetto modificato, della maggior parte delle istituzioni statali tipiche dell’epoca borghese. I più accorti continuano a ripudiare il parlamentarismo democratico. Ma non ripudiano più, allo stesso tempo, quegli strumenti del potere statale dove il parlamentarismo fa da contrappeso all’interno della società borghese: burocrazia, polizia, esercito permanente con quadri di comando indipendenti dai soldati, tribunali al di sopra del controllo della comunità, ecc. A differenza dello Stato borghese, lo Stato del periodo rivoluzionario di transizione dovrebbe essere un apparato per la “repressione della minoranza da parte della maggioranza”. Teoricamente, dovrebbe essere un apparato governativo nelle mani della maggioranza. In realtà, lo Stato sovietico continua ad essere, come lo Stato del passato, un apparato nelle mani di una minoranza. (Di un’altra minoranza, ovviamente). A poco a poco, il “potere dei soviet” viene sostituito dal potere di un certo partito. A poco a poco, il partito diventa l’istituzione statale essenziale, l’ossatura e l’asse dell’intero sistema delle “repubbliche sovietiche”.”

In seguito, i marxisti-leninisti giustificarono il programma dei bolscevichi come necessario per imporre l’abolizione del capitalismo della classe capitalista. Invece, il programma dei bolscevichi consistette nell’espansione delle istituzioni repressive della Russia zarista – il cui fine era reprimere altri socialisti e comunisti, nonché zaristi e capitalisti, concentrando il controllo del capitale nelle mani di un Comitato Centrale irresponsabile. La parola chiave è “capitalismo di Stato”.

Nel 1920, dopo aver visitato la Russia, Bertrand Russell pubblicò “Teoria e pratica del bolscevismo” dove sostenne che i bolscevichi avessero realizzato la dittatura proletaria promessa senza dare il potere al proletariato:

In Inghilterra gli amici della Russia pensano alla dittatura del proletariato come a una nuova forma di governo rappresentativo, in cui solo i lavoratori e le lavoratrici hanno il diritto di voto, e le circoscrizioni sono in parte professionali e non geografiche. Pensano che « proletariato » significhi « proletariato », ma che « dittatura » non significhi davvero « dittatura ». La verità è assai diversa. Quando un comunista russo parla di dittatura, dà alla parola il suo significato letterale, ma quando parla del proletariato l’intende in senso pickwickiano. Si riferisce a quella parte del proletariato fornita di « coscienza di classe », cioè al partito comunista. Vi comprende persone che non sono affatto proletarie (come Lenin e Tchicherin) ma che hanno precise convinzioni, ed esclude quei lavoratori che non hanno tali precise convinzioni, definendoli lacchè della bourgeoisie.”8

Un altro visitatore, l’anarchico spagnolo Manuel Fernández Álvarez (alias Wilkens), dopo aver incontrato Lenin e aver prestato brevemente servizio nell’Armata Rossa e trascorso alcune settimane in prigione, riassunse così le cose nel 1920:

Forse c’è stato un giorno in cui i bolscevichi rappresentavano le aspirazioni rivoluzionarie; ma oggi tutto questo è finito. Sarebbe sbagliato credere che la Rivoluzione russa e i bolscevichi siano la stessa cosa. Il Partito Comunista e coloro che ne fanno parte stanno camminando rapidamente verso l’instaurazione di una classe con interessi opposti a quelli delle masse rivoluzionarie. La dittatura proletaria è uno strumento di oppressione nelle mani di una nuova classe; questa classe non è controllata dal proletariato ed è antagonista ad esso.

Il regime usa il terrore più del regime zarista”, continuò in un articolo apparso su Le Libertaire del 14 Gennaio 1921, “perché trova più difficile reprimere le persone che hanno visto e riconosciuto la luce della rivoluzione”.

Questo riassume le differenze politiche sostanziali all’interno della rivoluzione russa. (fine del 1920) Ci furono altri problemi – la fame, le lotte sociali e i ripetuti assalti delle forze zariste sostenute dalle nazioni capitaliste – e le varie fazioni del movimento anti-capitalista fecero diverse proposte su come rispondere a questi problemi (per esempio, gli anarchici come Nestor Makhno giocarono un ruolo significativo nel contrastare le invasioni dell’Armata Bianca). Ma il conflitto fondamentale fu incentrato sulla strutturazione e sulla modalità del potere stesso. Per molti marinai di Kronstadt, la concentrazione di potere dei burocrati gerarchici del Partito gli ricordò le disparità della società zarista e del capitalismo borghese.

Questo non voleva dire che coloro che si ribellarono a Kronstadt nel Marzo 1921 condividessero un’ideologia o dei valori. La ribellione, invece, dimostrò che i bolscevichi, dopo tre anni e mezzo al potere, non riuscirono a convincere una vasta gamma di [soggetti politici e sociali] (socialisti, comunisti, anarchici e altri lavoratori) che il loro approccio autocratico fosse la soluzione migliore per i problemi della classe operaia russa. In effetti, nell’anno che precedette la rivolta, l’adesione al partito bolscevico a Kronstadt diminuì “da 5630 membri del partito nel Marzo 1920 a 2228 alla fine dell’anno”, secondo Israel Getzler nel libro “L’epopea di Kronstadt 1917-1921” (pag. 209).

Artiglieria pesante utilizzata nel bombardamento della fortezza di Kronstadt, Marzo 1921

 

È Termidoro. Ma non ci lasceremo ghigliottinare. Faremo noi Termidoro!”9

Il governo bolscevico riuscì a schiacciare la resistenza in tutto il resto del Paese: dai centri sociali anarchici urbani razziati [e distrutti] nel 1918 fino ai movimenti di massa in Siberia 10, Ucraina 11 e altrove. Questi atti repressivi rivelarono i motivi dell’isolamento della rivolta di Kronstadt. Ma i ribelli di Kronstadt speravano che la loro protesta potesse dare origine alla “terza rivoluzione”; iniziarono la loro rivolta per esprimere solidarietà agli operai di San Pietroburgo [Pietrogrado] – in sciopero contro le repressioni bolsceviche.

Ma l’apparato repressivo bolscevico aveva già superato la potenza del movimento rivoluzionario. La repressione della rivolta di Kronstadt segnò la sconfitta definitiva della Rivoluzione russa.

I bolscevichi erano assidui studiosi delle rivoluzioni precedenti. Nella prima Rivoluzione francese, durante il mese di Termidoro (secondo il calendario rivoluzionario francese), le forze reazionarie all’interno del governo rivoluzionario approfittarono degli eccessi di Maximilien Robespierre per arrestare e giustiziare i radicali. Allo stesso modo, nelle rivoluzioni successive, i partiti vincitori consolidarono il loro successo massacrando i partecipanti più radicali. Fu così che le repubbliche borghesi instauratesi nel Febbraio 1848 e nel Settembre 1870 uccisero i proletari rivoltosi nel Giugno 1848 e nel Marzo 1871.

Faremo noi Termidoro”, ricordava l’ex anarchico e apologeta bolscevico Victor Serge mentre Lenin si preparava a massacrare i ribelli di Kronstadt. In altre parole, dopo aver schiacciato gli anarchici e tutti gli altri alla loro sinistra 12, i bolscevichi sarebbero sopravvissuti alla reazione diventando essi stessi la controrivoluzione.

L’armata rossa bombarda Kronstadt

Una settimana dopo aver organizzato il mitragliamento dei ribelli di Kronstadt, Trotsky proclamò che ogni socialista, comunista e anarchico non allineato alla linea bolscevica era effettivamente in combutta con gli imperialisti capitalisti:

I furfanti controrivoluzionari, i cialtroni e i sempliciotti del SR [Socialismo-Rivoluzionario], le volpi mensceviche e i teppisti anarchici svolgono tutti, consapevolmente o inconsapevolmente, per astuzia o per follia, un unico ruolo storico: collaborano con tutti i tentativi e modi per stabilire il dominio illimitato dei banditi dell’imperialismo mondiale sul popolo lavoratore e su tutte le ricchezze naturali. L’indipendenza economica, politica e nazionale è possibile per la Russia solo sotto la dittatura dei Soviet. La spina dorsale di questa dittatura è il Partito Comunista. Non può essercene un altro.”

-Leon Trotsky, Pravda, 23 Marzo 1921

Trotsky aveva chiuso il cerchio: dall’argomentare contro il Comitato Centrale che si sostituiva al proletariato all’affermare che la dittatura dei bolscevichi era identica alla rivoluzione – e che chiunque affermasse il contrario era al soldo degli imperialisti. Questo rende abbastanza chiaro che la rivolta di Kronstadt e il successivo spargimento di sangue, serviva, fondamentalmente, [per affermare] l’autocrazia [bolscevica].

L’illustrazione è tratta dal manuale di Clifford Harper, Anarchy: A Graphic Guide.

Apologeti della dittatura

La scusa più comune per l’attacco a Kronstadt è esemplificata dall’articolo di Dwight McDonald “Kronstadt Again” pubblicato sul “New International”. McDonald cita l’ex anarchico Victor Serge come l’autore che lo convinse della “necessità” delle “misure severe e antidemocratiche” dei bolscevichi, sostenendo:

Vedere l’insurrezione di Kronstadt come frutto degli errori del comunismo di guerra, e criticare la severità delle punizioni contro i ribelli – non significa essere d’accordo con gli anarchici e i socialdemocratici nel dire che Kronstadt “mostrò la natura fondamentalmente antidemocratica e totalitaria del bolscevismo”. Penso che Kronstadt sia stato un brutto errore, ma un errore spiegato e, in qualche misura, giustificato dalle terribili difficoltà sociali ed economiche di quei primi anni della rivoluzione.”

In realtà, come Trotsky e Lenin avevano chiarito nelle loro dichiarazioni dell’epoca – eriportate successivamente –,i leader bolscevichi si erano opposti alla democrazia elettorale e a tutte le altre proposte che potevano minacciare il loro dominio autocratico. Lenin aveva dichiarato esplicitamente che, a suo avviso, le uniche opzioni per la Russia erano il governo di uno zar o la propria autorità. Non ci sono dubbi sulla “natura fondamentalmente antidemocratica e totalitaria del bolscevismo”!

L’idea che “le terribili difficoltà sociali ed economiche” dell’epoca giustificavano la concentrazione del potere bolscevico, traevano origine dal presupposto che il governo dittatoriale fosse la struttura più adatta a gestire le crisi. Ma questa non era una conclusione scontata.

Può essere che il governo dittatoriale era la struttura più adatta per consentire al Partito o allo Stato di superare le crisi; ma considerando che l’autocrazia [in Russia] era stata una delle principali cause di sofferenza umana degli ultimi 100 anni, bisognava dimostrare se [la dittatura] fosse una soluzione migliore per le crisi rispetto alle alternative soppresse duramente dai bolscevichi.

Vladimir Lenin, Leon Trotsky e K.E. Voroshilov con i partecipanti alla repressione della rivolta di Kronstadt, Marzo 1921.

La concentrazione di potere della dittatura del partito aveva giovato alle persone che vivevano sotto il governo russo o solo alle strutture della tirannia statale? Per rispondere a questa domanda, potremmo iniziare a considerare i destini di coloro che supervisionarono e giustificarono il massacro dei ribelli di Kronstadt – apparentemente i principali beneficiari di questa concentrazione di potere.

Leon Trotsky, che supervisionò la sconfitta militare della rivolta di Kronstadt, fu esiliato dalla Russia quasi otto anni dopo. Il 20 Agosto 1940 venne assassinato su ordine di Josef Stalin.

Lenin visse abbastanza a lungo per supervisionare l’incarcerazione, l’esecuzione e l’esilio dei leader degli altri partiti socialisti, compresi i menscevichi e i SR (socialisti rivoluzionari). Meno di tre anni dopo la rivolta di Kronstadt, morì per complicazioni di salute aggravate dallo stress del mantenimento del potere: un destino misericordioso rispetto a quello che sarebbe accaduto alla maggior parte dei bolscevichi. Prima di morire, [Lenin] si oppose, senza successo, agli sforzi di Stalin di ottenere la supremazia interna del Partito.

Grigorij Zinoviev, il bolscevico che represse le proteste a San Pietroburgo – provocate dalla rivolta di Kronstadt – e chiesto la brutale soppressione della rivolta kronstadtiana, sembrò, in un primo momento, avere la meglio. Dopo la morte di Lenin, formò una troika (triumvirato) con i compagni bolscevichi Lev Kamenev e Josef Stalin per estromettere Trotsky dal potere. Ma alla fine Stalin ebbe la meglio; Zinoviev e Kamenev furono sottoposti ad un processo farsa e giustiziati nell’Agosto del 1936.

Anche Tukhachevsky, Dybenko e altri leader bolscevichi che parteciparono alla repressione della rivolta di Kronstadt furono uccisi nella Grande Purga.

Una versione della stessa fotografia, ritagliata per cancellare Trotsky.

Victor Serge, l’ex anarchico che giustificò la centralizzazione del potere bolscevico e la repressione della rivolta di Kronstadt, venne espulso dal partito e trascorse diversi anni in prigione. Anche se alla fine riuscì a lasciare l’Unione Sovietica, sua sorella, sua suocera e due dei suoi cognati morirono in prigione.

Come dice il detto, se si ama un bolscevico, la cosa migliore che si possa fare per lui è impedire che il suo partito salga al potere, poiché è certo che il prossimo a finire contro il muro sarà proprio lui. Il prezzo dell’autocrazia è una lotta brutale e incessante per il dominio.

Il peggio [è stato che] l’eredità del totalitarismo dell’Unione Sovietica ha screditato l’idea che possano esistere alternative emancipatrici al capitalismo per centinaia di milioni di persone. La politica reazionaria dilaga in tutto l’ex blocco orientale – come conseguenza del fallimento del modello dittatoriale mono-partitico. In retrospettiva, i ribelli di Kronstadt stavano cercando di salvare sia i comunisti autoritari da sè stessi e sia l’idea di un mondo senza capitalismo.

È una delle ironie della storia dove gli anarchici sono diventati i principali sostenitori di una rivolta che coinvolse socialisti e comunisti – compresi quei membri del Partito bolscevico che rinunciarono a farne parte solo quando si trovarono a subire i proiettili, le bombe e la disinformazione del loro stesso gruppo politico.

Truppe dell’Armata Rossa durante l’assalto a Kronstadt.

Continua nella Seconda Parte

 

Note

 

1Le uniche due versioni tradotte in italiano dell’ “Izvestija” sono: edizione Crescita Politica (CP), Signa, 1971, XIX+133 pag.; Prospettiva Edizioni, 2005, 80 pag.

2La Cheka, nata nei primi del Dicembre 1917, fu uno strumento di repressione governativo contro coloro che potevano danneggiare il processo rivoluzionario in corso. Nel punto segnalato dallu compagnu di CrimethInc non sappiamo se questo delegato socialista rivale arrestato fosse Viktor Chernov e / o Irakli Tsereteli. A tal merito citiamo Leggett George, “The Cheka: Lenin’s political police”, Oxford University Press, 1981: “Il 18 Dicembre [1917], una squadra guidata dal membro del Collegio Vecheka V. V. Fomin, su istruzioni di Dzerzhinsky e con l’assenso del Sovnarkom (Consiglio dei commissari del popolo dell’URSS, ndt) , arrestò alcuni esponenti di spicco dei socialisti rivoluzionari (tra cui Viktor Chernov) e alcuni menscevichi (tra cui Tsereteli) mentre partecipavano ad un comizio del Comitato di Difesa dell’Assemblea Costituente; tra loro c’erano diversi delegati eletti all’Assemblea Costituente. Quando, nel corso di una riunione a tarda sera del Sovnarkom, il socialista rivoluzionario di sinistra Steinberg apprese da Lenin della detenzione e proposta di incarcerazione di questi parlamentari, si precipitò sul posto e annullò l’ordine di Dzerzhinsky, rilasciando gli arrestati. Ne seguì una decisa prova di forza tra il Commissariato di Giustizia e la Vecheka.” (pag. 44). Se qualcunu volesse chiarire questo punto, ci premureremo di correggere questa nota.

3Nell’ottobre 1917 Zhelezniakov collaborò pienamente con i bolscevichi nel rovesciamento del governo provvisorio. Sebbene l’equipaggio del suo posamine lo avesse eletto delegato al Secondo Congresso dei Soviet, riunitosi il 25 Ottobre 1917, quella notte [Zhelezniakov] guidò un contingente di marinai all’assalto del Palazzo d’Inverno, ponendo fine al Governo Provvisorio. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, Zhelezniakov fu nominato comandante del distaccamento che sorvegliava il Palazzo Tauride […] e fu in questa veste che portò a termine (su ordine dei bolscevichi) la sua storica missione nel sopprimere l’Assemblea Costituente […]” (Avrich Paul, “Anarchist portraits”, Princeton University Press, 1988, pag. 107)

4Per gli anarchici, la prospettiva di una “dittatura del proletariato” non era meno odiosa di quella di un parlamento russo. Ai loro occhi, il voto era semplicemente un trucco per impedire agli individui di governare se stessi. […] nel 1917, con un’Assemblea Costituente in vista, il loro atteggiamento era altrettanto sprezzante. […] gli anarchici, decisi al solito a non moderare le loro parole, denunciarono il parlamento che si stava preparando come una truffa spudorata. […] In Settembre e Ottobre (1917, ndr), avvicinandosi le elezioni per l’Assemblea Costituente, gli oratori anarchici si profusero in un autentico torrente di invettive contro il regime rappresentativo. Il popolo russo, scrisse Schapiro sul Golos Truda, deve rendersi conto che il parlamento non può aprire la strada alla libertà e che una società giusta può essere realizzata solo mediante “ l’abolizione di ogni potere, che inceppa e appiattisce la creatività rivoluzionaria.””. (estratti dal libro di Avrich Paul, “L’altra anima della rivoluzione. Storia del movimento anarchico russo”, Edizioni Antistato, Milano, 1978, pagg. 185-186)

5Per continuare la Rivoluzione e trasformarla in una Rivoluzione sociale gli anarchici non vedevano alcuna utilità a convocare questa Assemblea: istituzione essenzialmente politica e borghese, ingombrante e sterile –dicevano –; istituzione che, per la sua stessa natura, si collocherebbe «al di sopra delle lotte sociali», e opererebbe unicamente con lo scopo di attuare pericolosi compromessi, di arrestare la Rivoluzione e anche di soffocarla, se fosse possibile. Gli anarchici si sforzavano, dunque, di far comprendere alle masse lavoratrici la inutilità della «Costituente», la necessità di farne a meno e di rimpiazzarla immediatamente con Organismi economici e sociali se, realmente, si voleva iniziare una Rivoluzione Sociale.” (Voline, “La rivoluzione sconosciuta,” Franchini Editore, Carrara, 1976, Volume 2, pag. 226)

6“[…] nella notte tra l’11 e il 12 Aprile dei distaccamenti armati della Cheka fecero irruzione in 26 circoli anarchici della capitale. La maggior parte degli anarchici si arresero senza combattimento, ma al Monastero Donskoi e nella stessa Casa dell’Anarchia, le Guardie Nere opposero un’accanita resistenza. Nei combattimenti furono uccisi una dozzina di agenti della Cheka, una quarantina di anarchici furono a loro volta uccisi o feriti e più di 500 di loro vennero fatti prigionieri.” (Avrich Paul, “L’altra anima della rivoluzione…”, pag. 220)

7Per i marxisti che desiderano sapere cosa avrebbero detto i loro due grandi maestri sulla rivolta di Kronstadt e sul destino dell’Unione Sovietica, riportiamo il seguente brano tratto da “La guerra dei contadini in Germania” di Friedrich Engels: “Il peggio che possa accadere al capo di un partito estremo è di essere costretto a prendere il potere in un momento in cui il movimento non è ancora maturo per il dominio della classe che egli rappresenta e per l’attuazione di quelle misure che il dominio di questa classe esige”. (Engels, op. cit., Edizioni Rinascita, Roma, 1949, Capitolo VI) Per gli anarchici, naturalmente, tali aspirazioni al “dominio” sono un anatema, il determinismo storico è assurdo, ed entrambi sono destinati a portare a tragedie come quella che si è verificata a Kronstadt.

8Russell Bertrand, op. cit., Newton Compton Italia, Roma, 1971, Parte Prima “Le attuali condizioni della Russia”, Capitolo 2 “Caratteristiche generali”.

9Citazione tratta da Victor Serge, “Memorie di un rivoluzionario”, Mondadori, Milano, 1983, Capitolo 4 “Il pericolo è dentro di noi (1920-1921)

10Vedere Mintz Frank, “A Siberian Makhnovschina?”, Estate 2004; Podshivalov Igor, “Siberian Anarchists in the Russian Civil War (1918–1924)”, Black Cat Press, Edmonton-Alberta, 2011.

11Sulla rivoluzione ucraina, oltre il citato Voline, vedere le seguenti opere: Aršinov Pëtr, “Storia del movimento machnovista”, Edizioni RL, Napoli, 1954; Cotlenko Mila, “Maria Nikiforova. La rivoluzione senza attesa. L’epopea di un’anarchica attraverso l’Ucraina 1902-1919”, Edizioni Anarchiche “El Rùsac”, Trento, Ottobre 2016; Ducret Jean Pierre, “La Rivoluzione Russa in Ucraina. La storia di Nestor Makhno”, 2 Voll., Biblioteca Archivio Germinal, Carrara, 2015; Fedeli Ugo, “Dalla insurrezione dei contadini in Ucraina alla rivolta di Cronstadt”, Edizione de «Il Libertario», Milano, 1950; Nestor Makno, “La rivoluzione russa in Ucraina. Marzo 1917-Aprile 1918”, La Fiaccola, Ragusa, 1971; Shubin Alexander V., “Nestor Machno. Bandiera nera Sull’Ucraina guerriglia libertaria e rivoluzione contadina (1917-1921)”, Eleuthera, Milano, 2012.

12Val la pena citare questo estratto de “La rivoluzione strangolata” di Trotsky, scritta il 9 Febbraio 1931 durante il suo soggiorno a Prinkipo: “l’anarchismo non ha potuto alzare la testa in Russia non perché i bolscevichi abbiano lottato con successo contro di esso, ma perché in precedenza gli avevano scavato la terra sotto i piedi. L’anarchismo, quando non rimane entro le quattro pareti dei caffè di intellettuali o delle redazioni di giornali, ma penetra più in profondità, è espressione di una psicologia di disperazione diffusa tra le masse e costituisce una punizione politica per gli inganni della democrazia e i tradimenti dell’opportunismo. In Russia l’audacia del bolscevismo nel porre i problemi rivoluzionari e nell’indicarne le soluzioni, non ha lasciato spazio per lo sviluppo dell’anarchismo.” Il saggio è contenuto nell’Appendice del libro Trotskij Lev, “La rivoluzione permanente”, Einaudi, Torino, 1963.