Presentazione

Quando parliamo delle iene – o, più in generale, degli ienidi -, ci vengono in mente dei mammiferi carnivori che vivono tra l’Asia Centrale, il Medio-oriente e l’Africa e la cui struttura sociale è composta o da grossi branchi (iena maculata) o da piccoli gruppi (iena striata e bruna). Per millenni l’uomo ha dipinto questi animali come spazzini della savana, sgradevoli, codardi e vigliacchi, utilizzandoli, tra l’altro, come simboli e rappresentazioni di tutto ciò che fosse iniquo e deplorevole nella società umana.

La prima forma di violenza contro le iene è avvenuta a livello linguistico. A livello etimologico, la parola “iena” deriva da “hyaina” che è l’unione di “hys” (suino o maiale) e del suffisso “-aina” (femmina). Il significato letterale è: “femmina del suino” o scrofa. L’accostamento della iena al maiale non era casuale: entrambi, per la struttura sociale greca – e, successivamente, latina -, erano animali sporchi, considerati degli esseri impuri, poco intelligenti e spazzini. L’unica differenza tra le due specie era (e lo è ancor oggi) sul piano zootecnico e distributivo alimentare rivolto agli esseri umani – dove i suidi vengono allevati, macellati e consumati in gran quantità a differenza degli ienidi.

I primi a dare una descrizione accurata di questi mammiferi carnivori furono Aristotele nell’ “Historia animalium” (traduzione de “Τῶν περὶ τὰ ζῷα ἱστοριῶν”, “Ricerche sugli animali”)) e Plinio il Vecchio nel“Naturalis Historia”. I due autori, ispirati dai racconti dell’ “Indika” del medico Ctesia di Cnido e dall’“Aithiopica” dell’esploratore Dalione, descrissero le iene come predatrici attive e pericolose per l’uomo e i bambini, astute e ingannatrici, animali che si nutrono di carne decomposta e violatrici di tombe.

Con il “Physiologus” (trad: “Il fisiologo”) e il “Protrettico” (o “Esortazione ai greci”) vi fu un salto di qualità in senso negativo per tutta una serie di animali – iene comprese. Le due opere, redatte tra il II e il III secolo dopo Cristo ad Alessandria d’Egitto, furono un tentativo di unire i racconti e le dicerie pagane sugli animali inserendovi gli insegnamenti morali e mistici cristiani.

Nel caso delle iene, i due testi cristiani risaltarono l’ermafroditismo – quando, invece, nelle opere citate di Aristotele e Plinio il Vecchio era stato negato – e, al contempo, ripresero tutte le descrizioni fatte da Artemidoro, Ovidio ed Esopo (il “sesso alternato” come critica ai comportamenti ambigui e ipocriti), Claudio Eliano (l’ermafroditismo), Barnaba (il divieto di mangiare la carne di iena) e Clemente di Alessandria (gli atti sessuali innaturali), stravolgendo tra l’altro alcuni passi della Bibbia (tipo il Deuteronomio, il Levitico e Geremia).

L’operazione culturale servì per simboleggiare le iene in modo negativo e usarle come monito, nei secoli a venire, contro i cattivi costumi sociali – specie se erano sessuali “innaturali” – e risaltare l’aspetto binario sessuale (femminile e maschile).

I bestiari medievali continuarono tale opera di normalizzazione sociale. Le iene, come animali ermafroditi e dalle abitudini necrofaghe umane, diventarono un simbolo di Satana e, più in generale, un immagine allegorica dei nemici della Chiesa – quali ebrei, musulmani ed eretici.

L’avvento del periodo rinascimentale – e la successiva colonizzazione europea -, spinse il mondo accademico europeo ad uscire lentamente fuori dalle morali mistiche cristiane. Per più di un millennio le iene erano state i simboli dell’anti-cristianesimo; a partire da questo periodo storico vennero etichettate come esseri necrofagi, codardi e stupidi – anche se restò nella concezione popolare e cristiana la cosiddetta “natura” malvagia e impura di questi animali.

Il primo autore a descrivere “laicamente” le iene fu Leone l’Africano (nato al-Ḥasan ibn Muḥammad al-Wazzan al-Fāṣī) nel “Della descrittione dell’Africa et delle cose notabili che ivi sono”. A seguire vi furono l’“Historia animalium” di Conrad Gesner, il “De hermaphroditorum monstrosorumque partuum natura” di Caspar Bauhin e il “Pseudodoxia Epidemica” di Thomas Browne; in queste tre opere vennero smontate tutta una serie di racconti antichi (greci, latini e cristiani)riguardanti gli ienidi quali la natura ermafrodita e satanica e i supposti poteri magici (imitazione della voce umana e causa della paralisi nei loppidi).

Dal Settecento in poi si registrò un notevole progresso nelle descrizioni biologiche dei libri di storia naturale. Il celebre naturalista Carl Linnaeus, nel “Systema Naturae”, descrisse le iene (precisamente quelle striate) come esseri che “vivono a lungo senza cibo; banchettano con cadaveri umani che dissotterrano dai tumuli, infestano i cimiteri (il pezzo originale è al singolare, ndt)” (op. cit., Lipsia, 1758, pag. 40, Decima Edizione).

La descrizione fatta servì per riproporre l’animale come tombarolo e mangia carogne. Nonostante l’anatomista inglese Morrison Watson, nella seconda metà dell’Ottocento, fornì per primo dei dettagli anatomici sui genitali della iena maculata – risolvendo la questione sull’ermafroditismo -, i naturalisti e i biologi seguirono la descrizione “sociale stereotipata” data da Linnaeus, rimarcando pesantemente la codardia degli ienidi.

Dalla seconda metà del Novecento ad oggi vi è stato un cambio radicale nelle descrizioni zoologiche di questi animali carnivori:le iene non sono state più presentate come codarde o vigliacche ma come esseri cauti, capaci di aggregarsi in piccoli e/o grandi gruppi per sostentarsi e cacciare prede vive.

Nella cosiddetta “concezione comune”, invece, le iene rappresentano ancor oggi l’inimicizia, la codardia, l’autofagia, la stupidità, la sessualità ambigua e contro-natura etc.

Ne sono una dimostrazione gli articoli, i romanzi, i giornali, i testi enciclopedici e le rappresentazioni animate quali: le esternazioni di Horace Walpole contro Mary Wollstonecraft (definita “una iena in sottoveste” per via della “Rivendicazione dei diritti della donna”), Charlotte Brontë in “Jane Eyre”, il numero unico “La Iena” di Paolo Schicchi (dove Mussolini viene rappresentato come una iena), Ernest Hemingway nelle “Verdi colline d’Africa”, Ernest Walker nel “Mammals of the world”, le edizioni XI-XV dell’Encyclopedia Britannica, “Il re Leone” della Disney etc.

Queste rappresentazioni – o per meglio dire narrazioni stereotipate -, sono figlie di un sistema di poteri stratificati (specismo, razzismo, classismo e patriarcato) dove le parole – fondamentali per la nostra comunicazione e relazione con altri individui -, hanno sviluppato un sistema linguistico escludente ai danni sia degli animali umani stessi che verso gli animali non umani.

Nel caso degli animali non umani (in cui rientrano le iene), le narrazioni stereotipate influenzano pesantemente una serie di valori cosiddetti umani basati sul “bene” e sul “male”. Questo dualismo sarà un’ottima giustificazione per santificare (come simboli di potere e carisma) o sopprimere (causa macellazione nell’industria agro-alimentare e/o danni arrecati alla società umana) determinati animali non umani. Nel caso delle iene, come descritto all’inizio, assisteremo alla loro soppressione (culturale e fisica) in quanto un sistema di poteri stratificati del genere non tollera che animali non umani del genere debbano vivere in questo mondo pesantemente antropocentrico.

Ribaltiamo queste visioni negative! La scelta di prendere la iena e rappresentarla come sinonimo di solarità, fluidità (non solo sessuale) e collaborazione tra i singoli significa sovvertire millenni di denigrazione e odio dettati dall’antropocentrismo imperante.

Ci si affiderà alle parole e ad un linguaggio cui si esporranno analisi, alle critiche e agli argomenti su cui discutere, riflettere ed interrogarci.