L’Italia, uscita dal secondo conflitto mondiale, si avviava verso una fase di democratizzazione repubblicana. Ciononostante questo mutamento governativo e statale non coincise affatto con il cambio di determinate istituzioni e figure di potere, men che meno con un’economia non-capitalista.La forza lavoro umana era necessaria e vitale in quel contesto storico; qualsiasi mezzo atto ad impedire la natalità doveva essere debellato e punito severamente.
Le motivazioni della difesa della vita così schiettamente economiciste e socio-politiche dei partiti repubblicani italiani (con in testa la Democrazia Cristiana e il Movimento Sociale Italiano) traevano origine dal modello culturale fascista precedente dove la donna, unica depositaria dell’elemento del sangue, “vincolo e quasi simbolo della continuità della razza […] capace di equilibrare e neutralizzare, nella generazione, gli elementi decadenti o inferiori del maschio […]”1, era “la prima responsabile del destino di un popolo”2 e doveva, quindi, “essere madre, fattrice di figli, reggitrice e direttrice di vite nuove […] Per essa occorre una intensa evoluzione spirituale verso il sacrificio, l’oblio di sé e l’anti-edonismo individualistico […].”3
Questo modello culturale era vivo nella cultura italiana post-bellica, nonostante il suffragio universale e l’entrata delle donne nei due rami del parlamento e nei consigli regionali, provinciali e comunali italiani. L’espressione giuridica di questa cultura natalista e sessuofobica era resa palese dal Titolo X del Codice Penale, “Dei delitti contro la integrità e la sanità della stirpe”.
Seguendo la falsariga del capitolo “Razzismo, controllo delle nascite e diritti riproduttivi” di Angela Davis, presentiamo il lavoro di Giovanna Berneri e Cesare Zaccaria, “Controllo delle nascite. Mezzi pratici per avere figli solo quando si vogliono”.
Pubblicato per la prima volta nel 1947 dalle Edizioni RL di Napoli, Berneri e Zaccaria furono immediatamente denunciatu e successivamente processatu per il reato di “Incitamento a pratiche contro la procreazione” (art. 553).4 Lu due compagnu vennero assoltu tre anni dopo (Maggio 1950) perché “il fatto non costituisce reato”. Durante e dopo questa fase processuale furono pubblicati sui vari numeri della rivista “Volontà” una trentina di articoli riguardanti il controllo delle nascite, il piacere sessuale, la contraccezione e la critica verso lo Stato e il clero. Un altro processo, nel 1955, vide coinvoltu Berneri e Zaccaria per via di questo opuscolo. E per la seconda volta ne uscirono assolti.
Il dibattito che era scaturito da questa vicenda di controllo statale-clericale del corpo delle donne (e più in generale della coppia), incentivò le teorie e prassi dell’ “Associazione italiana per l’educazione demografica” (AIED) nel 1953 e, successivamente, del “Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto” (CISA) nel 1973.
L’abolizione del Titolo X del Codice Penale e la normazione riguardo i consultori e l’interruzione volontaria di gravidanza – avvenuta grazie alla “Legge 22 maggio 1978, n. 194” e confermata definitivamente col referendum del 1981 -, sembrava avere messo fine a quel controllo onnipresente voluto dal potere statale nella vita delle donne e delle coppie.
La reazione a questo stato di cose, però, non si era fatta attendere. La presenza di elementi medico-sanitari legati ai gruppi politici democristiani e, più in generale, al mondo cattolico, aveva portato all’exploit dell’obiezione di coscienza (specie nei reparti ginecologici) e alla presenza nei consultori di persone impegnate a spronare le donne a non abortire.
Questi veri e propri atti di violenza si sono esacerbati negli ultimi decenni grazie alla privatizzazione e aziendalizzazione del settore medico-sanitario italiano e alle creazioni deliranti istituzionali e non quali “Family Day”, “Fertility Day”, “Centri Aiuti per la Vita”, “Feste regionali della Famiglia” (quest’ultime rigorosamente eterosessuali), “Ascoltare il battito del feto” e via dicendo.
Tutto ciò che non riguarda la natalità, a livello pubblico mediatico, culturale e politico, è tabù nell’Italia del ventunesimo secolo.
Il potere statale ed economico è riuscito, quindi, a togliere la punizione penale ma ha mantenuto, come sua prassi, quella culturale – molto più pervasiva e difficile da estirpare. Ed è su quest’ultimo piano che si devono smontare i giochi di questo potere, supportando e sostenendo attivamente una serie di pratiche dove “[…] l’idea del controllo delle nascite deve venire dalla coscienza dei doveri e della responsabilità che si hanno verso i figli, dalla volontà di crescerli sani e belli fisicamente e moralmente, dalla coscienza che non significa niente dare un po’ del proprio sangue o della propria carne ad un nuovo essere se non si può metterlo in condizioni tali che egli non debba sentirsi un vinto. Non agitiamo mai la necessità del “controllo delle nascite “ come la panacea che porrà fine a tutti i mali sociali. Anche se il controllo delle nascite fosse applicato da tutti, la società continuerebbe ad avere le sue ingiustizie, le sue sofferenze, la sua miseria. Per farle scomparire ben altro è necessario. Sono tutte le istituzioni, così come sono oggi, che vanno scardinate perché sono esse che difendono i privilegi e il potere esistenti. Ma riconosciamo che è rivendicare la propria libertà individuale, davanti allo Stato ed alla Chiesa, il battersi per avere quei figli che ciascuno desidera avere, il rifiutare che delle autorità costituite regolino la nostra vita privata, il sottrarsi a dei pregiudizi secolari.”5
Postilla
Nell’opuscolo sono riportati dei metodi parzialmente efficaci e sicuri secondo lu due autoru: la maggior parte sono stati superati al giorno d’oggi dalla farmacologia e altre tecniche di lavorazione chimica (si veda il profilattico di gomma divenuto in seguito di lattice) o di metodologie medico-sanitarie. Lo scritto pubblicato è da intendersi come “memoria storica” in cui lu due compagnu riportavano e insistevano su argomenti considerati tabù dall’Italia post-fascista.
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Edito da Editoriale Ethos (Etica), Milano, 1955, 70 p.
Opuscoletto pubblicato nel 1947 per cui i due autori furono i primi processati per il reato dell’articolo 553 del Codice Penale.
Abbiamo volentieri aderito alla pubblicazione di questa scelta del nostro opuscolo, che ne mette in evidenza le pagine valide per tutti, al di sopra di ogni idea particolare sull’insieme dei problemi sociali del nostro tempo, sui quali per parte nostra restiamo, si intende, nelle posizioni allora espresse. E siamo lieti di aiutare così gli amici editori nel loro sforzo educativo, inteso a richiamare ed eccitare e vivificare l’attenzione di quante più persone è possibile in Italia sull’angosciosa realtà della sovra-popolazione, delle famiglie che crescono senza alcuna prospettiva nemmeno minima d’avvenire per l’incosciente lasciare al caso la generazione dei figli, che è l’atto più grave della vita d’un uomo e di una donna, quello che richiederebbe quindi il massimo di ponderazione.
Gli Autori
Avvertenza
Il volumetto del quale qui ripubblichiamo le pagine essenziali “Controllo delle nascite”, edito nel 1947 per le edizioni R. L. di Napoli, fu immediatamente sequestrato; gli autori, Giovanna Berneri e Cesare Zaccaria, denunciati e processati. La sentenza con cui a distanza di tre anni furono assolti “perché il fatto non costituisce reato” fa onore alla magistratura italiana. Dal 1947 ad oggi si sono verificati alcuni fatti nuovi di importanza significativa.
La chiesa cattolica ha riconosciuto la legittimità del “principio” della regolazione delle nascite e, fra i “mezzi” per attuarla, la liceità del sistema Ogino-Knaus. Il Papa, nell’allocuzione sulla morale coniugale alle ostetriche, il 29 Ottobre 1951 ha detto: “Ai coniugi la Natura e il Creatore impongono la funzione di provvedere alla conservazione del genere umano. È questa la prestazione positiva obbligatoria che fa il valore proprio del loro stato, il bonum prolis. Da quella prestazione positiva obbligatoria possono esimere anche per lungo tempo, anzi per l’intera durata del matrimonio, seri motivi, come quelli che si hanno, non di rado, nella cosiddetta indicazione medica, eugenica, economica e sociale. Da ciò consegue che l’osservanza dei tempi infecondi può essere lecita sotto l’aspetto morale: e nelle condizioni summenzionate è veramente tale”; e il 28 Novembre 1951 in occasione del Convegno del “Fronte della Famiglia” ha aggiunto: “La Chiesa sa considerare con simpatia e comprensione le reali difficoltà della vita matrimoniale ai nostri giorni. Perciò nell’ultima nostra allocuzione sulla morale coniugale, abbiamo affermato la legittimità e al tempo stesso i limiti, in verità ben larghi, di una vera regolamentazione della prole. Si può anzi sperare (ma in tale materia la Chiesa lascia naturalmente il giudizio alla scienza medica) che questa riesca a dare a quel metodo una base sufficientemente sicura, e le più recenti informazioni sembrano confermare una tale speranza.”
Il 27 Novembre 1953, illustri parlamentari appartenenti ai Partiti comunista, liberale, repubblicano, socialista, socialdemocratico, hanno presentato un Progetto di legge per l’abrogazione dell’articolo 553 del Codice Penale, in base al quale può essere incriminato chiunque pubblicamente sostenga la necessità di una giusta regolazione delle nascite.
La stampa socialista e comunista (Avanti!, Vie Nuove e Calendario del Popolo), lasciando cadere iniziali riserve, si è espressa a favore del controllo delle nascite in Italia. Un gruppo di cittadini appartenenti ad ogni fede, condizioni e partito hanno costituto l’AIED (Associazione Italiana per l’Educazione Demografica, Corso Concordia 12, Milano), con l’intento di diffondere il concetto e il costume, già da tempo accettato nei paesi più progrediti, della procreazione consapevole e di promuovere l’abolizione della legislazione tuttora in vigore, diretta ad incrementare le nascite e in particolare dell’art. 553 C. P..
Nella ristampa dell’opuscolo si è tenuto conto di tali circostanze innovatrici.
L’Editore
Parte 1. Introduzione
V’è chi trova “anacronistico” parlare oggi di controllo delle nascite. Si riconosce che il vero grande problema è quello di equilibrare la popolazione con i mezzi di sussistenza, e che finché sussisterà in Italia l’attuale squilibrio dovuto ad una popolazione eccedente di 10 o 15 milioni d’individui, in aumento di circa mezzo milione l’anno, non vi sarà Governo, Partito, programma, piano, riforma, rivoluzione, capace di risolvere o di attenuare la cronica miseria dei lavoratori italiani. Ma ci si volge dall’altro lato, o si ficca la testa nella sabbia, come lo struzzo. Contro ogni propaganda per il controllo delle nascite si pongono tutti i “moralisti”, la cosiddetta “gente per bene”, che per suo conto limita la propria famiglia a due o tre figli, ma che si scandalizza se si parla in pubblico del modo di avere sani rapporti sessuali con la propria compagna e riservare a deliberazioni coscienti la concezione d’un figlio. Essi non possono però cancellare con i loro discorsi, fatti evidenti. In Italia, bene o male, i mezzi antifecondativi sono usati già estesamente: ma quasi soltanto dai ricchi, cioè da colore che potrebbero anche permettersi di avere famiglie numerose, e che propagandano contro il controllo delle nascite, in genere.
Controllo delle nascite non significa: “non fate figli”. Aver figli è il primo diritto, il diritto fondamentale, di ogni uomo e donna: sullo stesso piano del diritto di sussistere, cioè anteriormente ad ogni possibile considerazione. Il diritto ai figli non deve essere un privilegio dei ricchi. Chi è povero si batta fino a conquistarsi la possibilità di essere padre o madre in modo umano, cioè con la certezza che alle proprie creature non lascerà mancare né il pane né i vestiti né il letto né la scuola. Ma su questa volontà fondamentale un’altra occorre inserirne: la volontà di avere i figli quando si vogliono avere, non già a capriccio del caso. E questo è il “controllo delle nascite”.
Vogliamo i nostri figliuoli. Li vogliamo allevare ed educare da uomini. Ma mentre ci battiamo per questo, limitiamo noi stessi i concepimenti di figli a quel numero, in quelle condizioni, in cui possiamo essere certi che non mancheranno loro un minimo di benessere, un minimo di libertà.
In Italia, le leggi fasciste tuttora in vigore rendono difficile la vendita pubblica dei mezzi più sicuri per il controllo della fecondazione e le donne vivono senza pace, con l’ansia della gravidanza. La gravidanza che dovrebbe essere ed è per la donna gioia suprema, diventa un avvenimento che si teme come una disgrazia, perché le condizioni economiche, le condizioni di salute, tutto l’insieme della vita della famiglia media rende ben raro che si possa desiderare tranquillamente un figlio, certi di averlo in buone condizioni fisiche e di poter poi assicurargli il necessario.
E quale uomo o donna che sia mentalmente e fisicamente sano non può sentirsi rivoltato, vedendo ogni giorno intorno a sé donne sfiancate dalle continue gravidanze, cariche di bambini pallidi e macilenti, che son venuti al mondo “per caso” e che vivono “per caso”? Chi può non rivoltarsi vedendo ogni giorno donne inquiete per un minimo ritardo nella mestruazione, donne disperate d’essere incinte, donne che si riducono a volere e tentare l’aborto nelle condizioni più pericolose, tutto questo formicolare di procreazioni non desiderate?
Sembra impossibile che tante notti d’amore, che tante unioni felici siano coperte dal velo di quest’ansia dolorosa ed avvilente che o deforma o distrugge anche il piacere, e rovina l’unità della famiglia, schiacciata dal peso dei troppi figli che non può reggere. Ma sembra ancora più imperdonabile che tra noi, nel gran parlare che si ode di “fine del fascismo”, di “avvio alla libertà”, nessuno parla anche di controllo delle nascite e tutti tollerano ancora le leggi idiote contro gli antifecondativi, e seguitino ad avere figli non desiderati, a far crescere la famiglia anche tra la miseria e la fame, come se fosse un castigo di Dio. Che fanno le donne, sulle quali grava il carico principale della procreazione e dell’allevamento e dell’educazione dei figli? Ognuno si lamenta, per molte di esse l’assillo dei figli diventa il problema principale della loro vita, eppure nessuna muove un passo, nessuno fa nulla. E che fanno gli uomini? Questi uomini che spesso si atteggiano a riformatori del mondo e spesso non riescono a regolare con coscienza e in libertà la propria vita familiare?
È ora di cominciare, invece, ad agitare l’idea del controllo delle nascite. Lamentarsi non serve a nulla. Bisogna agire. Questo non è un problema che riguardi una speciale categoria, una particolare regione, gente di una certa condizione. È un problema di tutti. Bisogna far sapere a tutti che i mezzi esistono, che si può facilmente regolare con prudenza e intelligenza la generazione dei figli, averli quando si può essere certi che saranno sani e che potranno dar loro le cure necessarie perché crescano bene. Bisogna far sapere che siamo in questo campo tra i paesi “arretrati”, che in tutti i paesi civili basta andare in un consultorio pubblico per avere consigli e mezzi, affinché si possa amare e vivere tranquilli, con una famiglia sana. Le donne specialmente che sanno per esperienza diretta che cosa significhi avere un figlio fuori tempo, debbono decidersi ad agire, ad agitarsi. È soprattutto loro compiuto di decidere di fare il figlio; e son loro soprattutto che debbono lottare per poterlo decidere in libertà. Noi non pensiamo che il controllo delle nascite, anche se venisse integralmente realizzato, potrebbe da solo risolvere i mille altri problemi sociali la cui soluzione è legata ad un cambiamento radicale dell’attuale società. Ma tuttavia sentiamo l’urgenza e utilità di additare questa via d’azione al popolo: da una parte, perché la diffusione del controllo delle nascite nelle famiglie povere attenuerà la loro intollerabile miseria presente, la quale abbruttisce invece di eccitare a ribellarsi, e dall’altra parte perché vediamo che porsi su una tale strada, che è strada di lotta contro i pregiudizi, già è di per sé un atto di liberazione.
Conclusione quindi: occorre che dappertutto chi ha testa, chi ha cuore, chi avverte la gravità estrema del problema, nei suoi aspetti individuali e nei suoi aspetti sociali, si faccia promotore di riunioni, di associazioni, di conferenze, di agitazioni, in tutte le sedi locali possibili, attorno alla volontà del “libero controllo delle nascite”. A quest’opera dovrebbero porsi anche quei politici “progressivi” che si protestano coscienti dell’eccesso di popolazione da cui in gran parte dipende l’eccesso di miseria del nostro popolo.
Note del blog
1Istituto Coloniale Fascista, “Nozioni coloniali per le organizzazioni femminili del Partito Nazionale Fascista”, Roma, 1938, pag. 117
2“Decalogo e Speranze della Piccola Italiana,” 1935
3“Compiti della donna,” Critica fascista, a. XI, n. 14, 1933
4“Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione o fa propaganda a favore di esse è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire quattrocentomila. Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.”