La guerra a Gaza offre l’ultimo strumento di marketing per le compagnie di armi israeliane

Traduzione dell’articolo “Gaza war offers the ultimate marketing tool for Israeli arms companies

A fine Novembre, la start-up israeliana Smartshooter, [specializzata in] tecnologia della difesa, ha pubblicato su Facebook una foto sgranata dove vi sono tre soldati israeliani che puntano i fucili d’assalto contro un edificio di cemento distrutto da qualche parte nella Striscia di Gaza. La didascalia recita: “Lo SMASH 3000 è ora in azione con le forze speciali Maglan1 dell’IDF. Trasforma gli scenari in “Close Quarter Combat (CQC)2!”. Un mese dopo, viene pubblicata un’intervista da Globes dove l’amministratore delegato dell’azienda, Michal Mor, ha inquadrato la guerra di Israele contro Gaza, che ha ucciso quasi 30.000 palestinesi, come una spinta per le vendite. “Questo è il momento migliore per l’industria della difesa”, ha detto Mor.

Questo ottimismo sulla prodezza tecnologico-militare di Israele era sorprendentemente in contrasto con il fallimento dell’apparato militare israeliano del 7 Ottobre. Per anni, i capi militari hanno sposato la strategia militare israeliana con i futures speculativi, promettendo che le migliori armi e le tecnologie di sorveglianza avrebbero garantito una maggiore sicurezza. Ma nessuno dei presunti sistemi all’avanguardia dell’esercito è stato in grado di prevenire la distruzione del muro di Gaza da parte di Hamas e i massacri che ne sono seguiti.

Tra i leader della comunità della difesa israeliana, l’orribile e tragica violenza sembrava costringere, almeno inizialmente, ad una resa dei conti con l’eccessivadipendenza dell’esercito sui sistemi high-tech. Ma sembra che questo ripensamento abbia fatto rapidamente il suo corso: non sembrano esserci cambiamenti duraturi nel complesso militare-industriale di Israele.

L’esercito israeliano si sta ancora una volta presentando come una superpotenza high-tech, parlando delle armi automatizzate e della tecnologia di sorveglianza super-computerizzata “testate sul campo” – precisamente nella sua guerra contro Gaza. Il portavoce militare spera che gli stessi vecchi slogan distraggano dal fatto che Israele sia ben lontana dal raggiungere i suoi obiettivi dichiarati di eliminare Hamas e riportare a casa gli ostaggi rimasti – nonostante questa sia una delle campagne militari più distruttive della storia moderna. Mentre gli investitori investono denaro nelle start-up delle armi israelianea ritmi sempre più veloci, gli amministratori delegati del settore tecnologico della difesa, invece, sono pronti a diventare gli unici vincitori di questa guerra.

Un laboratorio redditizio

Da un lato, l’apparente rimbalzo dell’industria tecnologica militare israeliana va di pari passo con l’aumento vertiginoso delle vendite di armi in tutto il mondo. I governi hanno accumulato armi in risposta alla guerra russo-ucraina, al crescente autoritarismo e alle risposte militarizzate dovute alla pandemia da COVID-19, alle proteste popolari e ai crolli finanziari. Le vendite di armi statunitensi ai governi stranieri sono aumentate del 49% nel 2022. Israele continua a battere i propri record di vendita di armi; questa impennata è dovuta, in parte, ai lucrosi accordi con i Paesi arabi vicini – facilitati dagli “Accordi di Abramo”. Nel 2022, le esportazioni di armi israeliane sono state le più alte di sempre – con un incasso di 12,5 miliardi di dollari.

Grazie alla guerra contro Gaza, gli analisti prevedono che nel 2024 le vendite globali saranno ancora più alte. Oltre ai conglomerati multinazionali di armi, gli investitori stanno versando denaro in piccole start-up – molte delle quali hanno sede in Israele. Mitragliatrici automatizzate, armi cibernetiche segrete, droni suicidi e carri armati potenziati dall’intelligenza artificiale sono sempre più spesso considerati come le nuove tecnologie [redditizie] della Silicon Valley. Tra le aziende israeliane con il più alto rendimento azionario del 2023 ci sono le start-up che pubblicizzano armi all’avanguardia – impiegate dall’esercito all’interno di Gaza. La tecnologia militare è, dopo tutto, una delle poche industrie che sembra prosperare grazie all’instabilità geopolitica.

I ricercatori hanno rilevato una serie di piccole aziende che pubblicizzano i loro prodotti come testati nella guerra in corso. “Diversi nuovi sistemi armati sono stati provati per la prima volta a Gaza”, ha dichiarato a +972 Noam Perry, un coordinatore della ricerca dell’ “American Friends Service Committee” – un gruppo quacchero con sede negli Stati Uniti che monitora gli armamenti utilizzati nella guerra di Israele contro Gaza.

Tra le proteste senza precedenti all’estero e le udienze della Corte internazionale di giustizia sul genocidio a Gaza, le multinazionali delle armi sono rimaste relativamente silenziose sul loro coinvolgimento nei bombardamenti di Israele. Tuttavia Perry ha detto che le start-up israeliane più piccole, come Smartshooter, “si sono impegnate in una massiccia campagna di pubbliche relazioni per pubblicizzare il loro prodotto”. Per le start-up, l’eccezionale portata e durata delle distruzioni offre un’opportunità senza precedenti nella vendita delle armi.

L’attuale boom è arrivato sulla scia di due decenni di crescita costante del settore tecnologico della difesa di Israele – decollata nei primi anni 2000. Sullo sfondo della Seconda Intifada e della guerra globale al terrorismo, Israele ha iniziato a pubblicizzarsi come “capitale della sicurezza interna”. Il rinnovamento è stato pragmatico: le forze armate avevano bisogno di sistemi di sorveglianza e armi più efficaci in un contesto di conflitto regionale sempre più crescente e l’economia aveva bisogno di una nuova strategia di pubbliche relazioni – atta ad attirare gli investitori stranieri in Israele.

Gli stretti legami tra i militari e le industrie tecnologiche non sono affatto unici in Israele – dopo tutto, la Silicon Valley è nata come braccio del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Ma di concerto con gli esperti della difesa statunitense e i consulenti della McKinsey Management, il complesso militare-industriale israeliano ha fatto di questa relazione un marchio nazionale. Oggi è esemplificato dalla porta girevole tra l’esercito e l’industria tecnologica privata. I capi militari siedono nei consigli di amministrazione dei principali produttori di armi e delle start-up emergenti. Alcune unità militari esternalizzano la ricerca e lo sviluppo a start-up tecnologiche private, mentre altri rami dell’establishment della difesa agiscono come investitori, finanziando promettenti aziende tecnologiche emergenti.

Il confine sottile tra l’industria tecnologica militare e quella privata della difesa ha portato la strategia militare israeliana a svilupparsi in base alle tendenze degli investimenti. Mentre gli investitori in capitali di rischio 3 gettavano mucchi di denaro sulle aziende di cybersecurity (anni ‘10 del 2000), il Ministero della Difesa israeliano costruiva un vasto cyberpark nel deserto e sponsorizzava la “Cyber Week” all’Università di Tel Aviv – nel tentativo di trasformare Israele in una superpotenza informatica. Quando qualche anno fa gli investitori in capitali di rischio si sono rivolti all’AI, i fondi sono stati dirottati verso lo sviluppo degli algoritmi. La Cyber Week è stata affiancata dalla “AI Week” e il portavoce militare ha detto che Israele è sul punto di diventare una superpotenza dell’AI.

È superfluo aggiungere che l’imperativo più immediato [non è] salvare le vite umane: le tendenze degli investimenti nella difesa sono determinate dalla promessa di una futura ricompensa economica. Gli imprenditori amano galvanizzare i finanziatori, presentando le innovazioni della guerra informatica o dell’AI generativa come rivoluzionarie, con il potenziale di sostituire i combattenti umani con apparecchi superintelligenti. I pitch decks 4 presentano un’immagine rosea della guerra tecnologizzata – meno sanguinosa e più umana. Ma gli ultimi due decenni di escalation del conflitto militare in Palestina – una regione spesso descritta come un laboratorio per un’industria bellica globale – dimostrano che le innovazioni nel campo delle armi da fuoco e delle uccisioni fanno ben poco per contrastare la distruzione di un’occupazione e di una guerra prolungata.

Capitalizzare sullo spargimento di sangue

Ciò è stato evidente il 7 Ottobre, quando le forze armate israeliane non sono riuscite ad accorgersi o impedire che i militanti guidati da Hamas massacrassero oltre 1.100 israeliani e ne rapissero altri 240. Gli esperti dicono che l’eccessiva dipendenza dell’esercito sui sistemi di sorveglianza algoritmica, la ricognizione con i droni e le armi dotate di intelligenza artificiale – tutti beni di prima necessità nel mondo della tecnologia della difesa -, abbia spianato la strada a questa tragica ed inaudita perdita di vite umane. Hamas è stato in grado di disconnettere la maggior parte del sistema di intelligence e dell’arsenale armato automatizzato israeliano.

Credo che gli eventi del 7 Ottobre dimostrino un problema intrinseco nella promessa di questi prodotti”, ha dichiarato a +972 Neve Gordon, docente di diritti umani e diritto internazionale presso la Queen Mary University di Londra. Tuttavia, i produttori di tecnologie di difesa non potrebbero mai ammettere che affidarsi ai loro prodotti sia una strategia senza uscita. Come ha detto Gordon: “Ora l’industria ha tutto l’interesse per dimostrare che il fallimento non è dovuto alle loro tecnologie”. Invece di fare in conti con la strategia militare, l’attuale guerra ha fatto ruotare più velocemente la porta girevole tra l’establishment militare israeliano e il settore privato delle tecnologie di difesa. “Credo che nei prossimi anni si assisterà ad una grande rinascita di alcune start-up tecnologiche e di difesa israeliane, utilizzando gli eventi del 7 Ottobre come strumento di marketing”, ha dichiarato a +972 Antony Loewenstein, giornalista indipendente e autore di “The Palestine Laboratory”. “Penso che per la vendita di armi, vedremo più aziende investire, moralmente o eticamente, su quel che è successo.”

Infatti, i dirigenti del settore tecnologico dicono che investire in un settore della difesa in crescita sia un imperativo ideologico. Pochi giorni dopo il 7 Ottobre, l’investitore Aaron Kaplowitz, residente a Miami, ha lanciato un fondo di Venture Capital 5 chiamato “1948 Ventures”. Kapolowitz ha dichiarato ai giornalisti che l’invasione di terra da parte di Israele rappresenta un’opportunità senza precedenti per “testare sul campo” i nuovi sistemi. Inoltre ha promesso che il suo sforzo multimilionario ha a cuore gli interessi degli israeliani.

Il mese scorso, l’imprenditore israeliano Yonaton Mandelbaum ha esortato le start-up israeliane a orientarsi verso la produzione di armi, promettendo che l’innovazione di nuove armi sia un “servizio patriottico” alla nazione. Ma nessuna delle nuove tecnologie testate a Gaza ha avvicinato Israele al raggiungimento dei suoi obiettivi bellici dichiarati. Inoltre – e più come conseguenza per i palestinesi -, la promessa tecnologica di una maggiore precisione nelle fasi guerresche è apparentemente assente nell’attuale assalto di Israele. I droni suicidi non hanno impedito all’esercito israeliano di far saltare interi quartiericon bombe da 2000 libbre -, danneggiando o distruggendo il 70% delle case di Gaza. I fucili da cecchino potenziati algoritmicamente hanno fatto ben poco per dissuadere le truppe dal sparare contro i civili, compresi tre ostaggi israeliani. E i sistemi di puntamento alimentati dall’AI non sono riusciti a proteggere le vite di oltre 8.000 bambini uccisi negli attacchi aerei israeliani.

Questi fallimenti suggeriscono un modo alternativo di vedere gli eventi del 7 Ottobre: attraverso il “boom-bust cycle”6 del capitale finanziario. L’arsenale ad alta tecnologia offriva soluzioni eccitanti all’insicurezza regionale; l’entusiasmo è sfuggito di mano; e la bolla alla fine è scoppiata. Come si è visto, deviare le risorse dalle truppe di terra e versare denaro nelle tecnologie militari all’avanguardia ha fatto ben poco nella salvaguardare della sicurezza nazionale israeliana. Tuttavia, il ciclo degli investimenti ha un problema di memoria a breve termine. A tre mesi dall’inizio di una guerra che, secondo Israele, potrebbe durare un altro anno, i venture capitalist e i capi militari di tutto il mondo stanno rigonfiando l’industria tecnologica della difesa. Ancora una volta, l’innovazione offre una comoda distrazione dalla crisi di una guerra senza fine.

Mentre i palestinesi sopporteranno il peso maggiore della violenza – resa possibile dalle nuove armi e dai sistemi di sorveglianza -, non è chiaro quanto gli israeliani ci guadagneranno nel lungo periodo. L’industria rappresenta una porzione minuscola dell’economia della cosiddetta “nazione start-up” – le cui industrie civili vacillano dopo mesi di guerra. Anche gli ex leader militari e politici hanno espresso pubblicamente la preoccupazione che la guerra – con centinaia di migliaia di riservisti strappati dai loro lavori e dai loro studi e milioni di dollari sottratti dai bilanci pubblici e destinati allo sforzo bellico, e le inclinazioni sempre più di destra di un establishment politico votato alla punizione -, farà poco per salvaguardare la sicurezza nazionale israeliana a lungo termine.

L’ottimismo degli investitori e degli imprenditori sembra, quindi, non solo fuori luogo, ma delirante, e mostra il pericolo di sposare una strategia militare in balia dei capricci del mercato privato. Purtroppo questa è una lezione che la maggior parte dei leader militari in Israele e all’estero non ha ancora interiorizzato.

 

Note del blog

1Unità specializzata nell’utilizzo di tecnologie e armi avanzate. Per la sua preparazione, viene utilizzata per operazioni dietro le linee nemiche.

2È un tipo di combattimento letale e ad alta intensità dove una serie di piccole unità ben preparate attaccano il nemico con armi personali a distanza molto ravvicinata.

3Forma di di finanziamento utilizzata per sostenere e finanziare le imprese emergenti, spesso innovative e ad alto potenziale di crescita. Questa forma di finanziamento è tipicamente fornita da investitori istituzionali (detti “venture capitalist” o “investitori di venture capital”)

4Breve presentazione che offre ai potenziali investitori o clienti una panoramica del piano aziendale.

5Forma di investimento di medio-lungo termine in imprese non quotate e ad alto potenziale di sviluppo e crescita; viene effettuata prevalentemente da investitori istituzionali (vedi nota 2 )

6È un processo di espansione e contrazione economica che si ripete più volte. Durante la fase “boom” ,l’economia cresce, i posti di lavoro sono abbondanti e il mercato porta alti rendimenti per gli investitori. Nella fase “bust”, invece, l’economia si restringe, la disoccupazione aumenta e i mercati perdono valore.