Quando Margaret Sanger ruppe i rapporti col Socialist Party al fine di costruire una campagna indipendente per il controllo delle nascite si trovò esposta come mai prima, insieme ai suoi seguaci, alla propaganda anti-Neri e anti-immigrati dell’epoca. Come i loro predecessori ingannati dalla propaganda del “suicidio della razza”, le fautrici del controllo delle nascite iniziarono ad abbracciare l’ideologia razzista dominante. L’influenza fatale delle teorie eugenetiche avrebbe presto distrutto il potenziale progressista della campagna.
Durante i primi decenni del ventesimo secolo la crescente popolarità dell’eugenetica non fu affatto fortuita. Quelle teorie erano perfettamente compatibili con le necessità ideologiche del nuovo capitalismo monopolistico. Le incursioni imperialiste in America latina e nel Pacifico avevano bisogno di una giustificazione, così come l’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori Neri nel sud e degli immigrati nel nord e nell’ovest. Le teorie razziali pseudo-scientifiche associate alla campagna eugenetica fornirono delle tragiche scuse alla condotta dei nuovi gruppi monopolistici. Per questo il movimento ottenne il supporto, senza esitazione, di note famiglie capitaliste come i Carnegies, gli Harrimans e i Kelloggs.1
Nel 1919 l’eugenetica aveva ormai un’influenza innegabile sul movimento per il controllo delle nascite. In un articolo pubblicato nel giornale dell’American Birth Control League, Margaret Sanger sostenne che «l’obiettivo principale» fosse di avere «più bambini da chi è adatto, meno da chi è inadatto».2 In questo stesso periodo la American Birth Control League accolse a braccia aperte nella sua direzione Lothrop Stoddard, professore di Harvard e teorico dell’eugenetica, nonché autore di The Rising Tide of Color Against White World Supremacy.3Nelle pagine del giornale dell’associazione iniziarono ad apparire articoli di Guy Irving Burch, direttore della American Eugenics Society, che difendeva il controllo delle nascite come arma per
“[…] impedire al popolo americano di essere sostituito da un ceppo Negro o straniero a causa dell’immigrazione o dell’alto tasso di natalità delle altre popolazioni di questo paese.”4
Nel 1932 la Eugenics Society poteva vantarsi di aver fatto passare la legge sulla sterilizzazione in ventisei stati e di aver così impedito chirurgicamente a migliaia di persone “inadatte” di riprodursi.5 Margaret Sanger si felicitò pubblicamente di questa evoluzione. In un programma radiofonico sostenne che «menomati psichici, ritardati mentali, epilettici, analfabeti, poveri, disoccupati, criminali, prostitute e tossici» dovessero essere sterilizzati chirurgicamente.6 Ma non voleva essere così intransigente da lasciarli senza alcuna possibilità di scelta a riguardo: se lo desideravano, disse, avrebbero potuto optare per la segregazione a vita nei campi di lavoro.
La American Birth Control League lanciò un invito al controllo delle nascite tra le persone Nere che era razzista tanto quanto l’appello alla sterilizzazione obbligatoria. Nel 1939 la Birth Control Federation of America, associazione che succedeva alla precedente, mise a punto il “Negro Project”. Nelle parole della stessa federazione,
“[…] la massa di Negri, soprattutto nel sud, si riproduce ancora senza limiti né preoccupazioni, col risultato che l’aumento, superiore a quello dei bianchi, proviene da quella porzione di popolazione meno adatta e meno in grado di allevare bambini.”7
La federazione domandò il reclutamento di sacerdoti Neri perché dirigessero i comitati locali per il controllo delle nascite e propose una campagna di sensibilizzazione dei Neri. «Non deve uscir fuori una parola», scriveva Margaret Sanger in una lettera a una collega,
“sul fatto che vogliamo lo sterminio della popolazione Negra. I pastori sono gli unici che possano eventualmente far rientrare la situazione se mai dovesse sorgere il dubbio tra i più ribelli.”8
Questo episodio confermò la vittoria ideologica del razzismo e delle teorie eugenetiche nel movimento per il controllo delle nascite. Era stato definitivamente spogliato del suo potenziale progressista raccomandando, per le persone di colore, non il diritto individuale al controllo delle nascite ma una strategia razzista di controllo della popolazione. Questa campagna fu utilizzata per applicare le politiche demografiche imperialiste e razziste del governo degli Stati Uniti.
All’inizio degli anni Settanta le attiviste per il diritto all’aborto avrebbero dovuto esaminare la storia del loro movimento. Se lo avessero fatto avrebbero forse compreso perché così tante donne Nere fossero diffidenti nei confronti di quella battaglia. Avrebbero forse compreso quanto fosse imprescindibile decostruire le modalità razziste di chi prima di loro aveva sostenuto il controllo delle nascite – insieme alla sterilizzazione forzata – come mezzo di eliminazione degli “inadatti”. Solo così le nuove femministe bianche avrebbero potuto comprendere la necessità di basare la loro campagna su una netta condanna della sterilizzazione forzata, peraltro sempre più diffusa.
Soltanto quando i media rivelarono lo scandalo della sterilizzazione di due ragazze Nere a Montgomery, in Alabama, si aprì il vaso di Pandora delle sterilizzazioni forzate. Ma il caso delle sorelle Relf irruppe troppo tardi per influenzare la politica del movimento per il diritto all’aborto. Era l’estate del 1973 e la legalizzazione dell’aborto era già stata decretata in gennaio dalla Corte suprema. Ma un’opposizione di massa agli abusi della sterilizzazione forzata divenne tragicamente urgente. Le circostanze della vicenda delle sorelle Relf erano terrificanti nella loro banalità. Minnie Lee, di dodici anni, e Mary Alice, di quattordici, erano state portate in sala operatoria senza che sospettassero alcunché: una volta dentro i chirurghi le avevano sterilizzate.9 L’operazione era stata ordinata dal Montgomery Community Action Committee, finanziato dal Department of Health, Education and Welfare, dopo aver scoperto che il contraccettivo che l’ospedale somministrava alle ragazze, la Depo-Provera, risultava cancerogeno nei testi sugli animali.10
Il Souther Poverty Law Center decise di sostenere legalmente le sorelle Relf. La madre delle ragazze, che era analfabeta, rivelò di aver inconsapevolmente “acconsentito” all’operazione essendo stata raggirata dagli assistenti sociali che seguivano le figlie, che le avevano chiesto di mettere una “X” su un documento senza informarla del contenuto. Credeva di autorizzare il proseguimento delle iniezioni di Depo-Provera. Come apprese invece in seguito, aveva autorizzato la sterilizzazione chirurgica delle figlie.11
La diffusione mediatica del caso fece emergere molte altre vicende simili. Nella sola città di Montgomery erano state sterilizzate undici ragazze, tutte adolescenti. In molti stati le operazioni erano praticate da diverse cliniche per il controllo delle nascite finanziate dal Department of Health, Education and Welfare. Anche singole donne riportarono storie scandalose. Nial Ruth Cox, per esempio, fece causa allo stato del North Carolina. A diciotto anni – otto anni prima della causa – dei funzionari pubblici l’avevano minacciata di interrompere il sussidio alla sua famiglia se si fosse rifiutata di sottoporsi alla sterilizzazione chirurgica.12 Prima di acconsentire all’operazione le venne assicurato che la sua infertilità sarebbe stata temporanea.13
La causa legale di Nial Ruth Cox era rivolta a uno stato che aveva applicato diligentemente le teorie eugenetiche. Con il patrocinio della Eugenics Commission of North Carolina – così si leggeva – a partire dal 1933 erano state praticate 7.686 sterilizzazioni. La giustificazione addotta fu la limitazione della riproduzione delle «persone con deficienza mentale». Circa cinquemila di queste persone erano Nere.14 Secondo Brenda Feigen Fasteau, la legale della American Civil Liberties Union’s Reproductive Freedom, che rappresentava Nial Ruth Cox, i dati più recenti in North Carolina non erano meno allarmanti:
Le statistiche di cui disponiamo rivelano che dal 1964 in North Carolina circa il sessantacinque per cento delle donne sterilizzate erano Nere e circa il trentacinque per cento bianche.15
La campagna di informazione sugli abusi della sterilizzazione portò alla luce che l’adiacente stato del South Carolina era stato teatro di casi ancora più gravi. Diciotto donne di Aiken, nel South Carolina, denunciarono di essere state sterilizzate dal dottor Clovis Pierce nei primi anni Settanta. Unico ginecologo della cittadina, Pierce aveva sterilizzato sistematicamente le beneficiarie dell’assistenza sanitaria che avessero già due o più bambini. Secondo la testimonianza di un’infermiera del suo studio, insisteva che le donne incinte che ricevevano i sussidi pubblici «dovessero sottomettersi [sic!] alla sterilizzazione volontaria» se volevano che lui le aiutasse a partorire.16 Il dottor Pierce si diceva «stanco delle persone che non fanno niente nella vita e continuano ad avere figli e a mantenerli grazie alle mie tasse»,17 ma intanto riceveva circa sessantamila dollari dalle casse dello stato per le sterilizzazioni che praticava. Durante il suo processo fu difeso dalla South Carolina Medical Association, i cui membri dichiararono che i medici «hanno il diritto morale e legale di chiedere la sterilizzazione dei propri pazienti prima di accettare di prenderli in cura».18
Queste rivelazioni portarono allo scoperto la complicità del governo federale. All’inizio il Department of Health, Education and Welfare dichiarò che nel 1972 circa sedicimila donne e ottomila uomini erano stati sterilizzati nel quadro dei programmi federali.19 Più tardi tuttavia questi dati subirono una drastica revisione. Carl Shultz, direttore dell’ufficio per gli affari demografici del ministero, stimò che in realtà quell’anno erano state finanziate dal governo federale tra le cento e le duecentomila sterilizzazioni.20 Nella Germania di Hitler, per inciso, furono praticate duecentocinquantamila sterilizzazioni mentre era in vigore la legge nazista della salute ereditaria.21 È possibile che nell’arco di un anno il numero di sterilizzazioni negli Stati Uniti abbia uguagliato le cifre raggiunte dal regime nazista nell’arco di tutta la sua durata?
Dopo il genocidio della popolazione nativa degli Stati Uniti, si potrebbe pensare che gli indiani nativi americani fossero stati esentati dalla campagna governativa di sterilizzazione. Ma il dottor Connie Uri, nativo della popolazione Choctaw, testimoniò davanti a una commissione del Senato dichiarando che nel 1976 circa il ventiquattro per cento delle donne indiane in età da gestazione era stato sterilizzato.22 «La nostra discendenza è stata negata», disse, «e i nostri bambini mai nati non nasceranno mai […]. Questo è il genocidio del nostro popolo».23 Secondo il dottor Uri, l’Indian Health Service Hospital di Claremore, in Oklahoma, aveva sterilizzato una ogni quattro delle partorenti in quella struttura federale.24
Le indiane native americane erano un obiettivo speciale della propaganda di governo sulla sterilizzazione. In un opuscolo diffuso dal Department of Health, Education and Welfare, rivolto alla popolazione indiana, fu realizzata una vignetta raffigurante una famiglia con dieci bambini e un cavallo e accanto una seconda vignetta di una famiglia con un bambino e dieci cavalli. I disegni facevano intendere che più bambini significa più povertà e meno bambini significa ricchezza. Come se la proprietà di dieci cavalli, da parte di una famiglia con un bambino solo, potesse magicamente derivare dal controllo delle nascite e dalla sterilizzazione chirurgica.
Note
1Mass, op. cit., p. 20.
2Gordon, op. cit., p. 281.
3Mass, op. cit., p. 20.
4Gordon, op. cit., p. 283
5Herbert Aptheketer, “Sterilization, Experimentation and Imperialism”, in Political Affairs, vol. LIII, n. 1, gennaio 1974, p. 44.
6Gena Corea, “The Hidden Malpractice”, A Jove/HBJ Book, New York 1977, p. 149.
7Gordon, op. cit., p. 332.
8Ibid., pp. 332-333.
9Herbert Aptheketer, “Sterilization, Experimentation and Imperialism”, cit., p. 38. Vedi anche Anne Braden, “Forced Sterilization. Now Women Can Fight Back”, in Southern Patriot, settembre 1973.
10Ivi
11Jack Slater, “Sterilization, Newest Threat to the Poor”, in Enbony, vol. XXVIII, n. 12, ottobre 1973, p. 150.
12Braden, op. cit.
13Les Payne, “Forced Sterilization for the Poor?”, in San Francisco Chronicl, 26 febbraio 1974.
14Harold X, “Forced Sterilization Pervades South”, in Muhammed Speaks, 10 ottobre 1975.
15Slater, op. cit.
16Payne, op. cit
17Ivi.
18Ivi.
19Herbert Aptheketer, “Sterilization, Experimentation and Imperialism”, cit., p. 40.
20Payne, op. cit.
21Herbert Aptheketer, “Sterilization, Experimentation and Imperialism”, cit., p. 48.
22Arlene Eisen, “They’re Trying to Take Our Future. Native American Women and Sterilization”, in The Guardian, 23 marzo 1972.
23Ivi.
24Ivi.