Ecuador: autoritarismo borghese e lotta di classe

Traduzioni dei seguenti articoli:
¡Odio y lucha de clase contra el explotador Noboa!
Sobre el odio y la solidaridad de clase aquí y ahora. Una breve reflexión crítica

Odio e lotta di classe contro lo sfruttatore Noboa!

Il governo della borghesia agro-esportatrice decreta l’aumento dell’IVA dal 12 al 15% a partire da Aprile di quest’anno e, in aggiunta, dice che è necessario “lavorare sodo.”

Questa misura, di per sé, aumenterà il costo della vita e ridurrà i salari reali. A peggiorare le cose, in un’intervista televisiva del mese scorso, il presidente Daniel Noboa ha difeso questa scelta dicendo letteralmente: “Vi invito a lavorare sodo tanto quanto stiamo facendo noi al governo, specie a livello di ore. Sono sicuro che comprerete diversi piatti di cibo: antipasto, piatto principale e dessert”.

“Lavorare sodo” significa lavorare di più per “comprare diversi piatti di cibo”. Ma la realtà, nelle cifre ufficiali (INEC), è che 3 ecuadoriani su 10 hanno un “impiego adeguato”. I restanti 7 hanno un “impiego inadeguato” o sono sottoccupati e disoccupati. Alcuni hanno fino a 2 lavori o “lavori inadeguati” per sopravvivere. Altri lavorano tutto il giorno svolgendo qualsiasi mansione che riescono a trovare – sempre in condizioni di sottoccupazione – e non riescono ad arrivare a fine mese. Perché il salario di base è di 460 dollari – contro un paniere alimentare di 789 dollari; mentre il reddito medio mensile dei sottoccupati – corrispondente alla maggior parte della classe lavoratrice ecuadoriana -, è di 306 dollari – una cifra che non raggiunge nemmeno il salario di base. Nel frattempo, il 26% degli ecuadoriani vive con 90 dollari al mese o 3 dollari al giorno; e il 37,3% di coloro che sono in povertà non ha accesso ai servizi di base.

Come se non bastasse l’aumento dell’IVA al 15% – che renderà più costoso il paniere dei beni di prima necessità a partire da Aprile -, questo governo della classe borghese sta spingendo per una riforma del lavoro con contratti a ore – richiedendola attraverso una “Consulta Popular”, sempre per questo mese. In sostanza: il valore del salario orario in Ecuador passerà da 3,88 a 5 e 6 dollari, secondo i “calcoli” del Ministero del Lavoro. Ecco perché il presidente Daniel Noboa “invita la gente a lavorare sodo”, cioè a lavorare più ore e nelle condizioni precarie descritte sopra.

Non si tratta di una contraddizione. È una misura in linea con gli interessi della borghesia in tempi di crisi: aumentare il tasso di sfruttamento del proletariato per compensare il calo del tasso di profitto del capitale. Più chiaramente: da un lato della società, vi è (e vi sarà) un maggiore sfruttamento/precarietà del lavoro e peggiori condizioni materiali di esistenza per la classe operaia; dall’altro, maggiori profitti e lussi per la classe capitalista o imprenditoriale, che è l’unica che può effettivamente mangiare “antipasto, piatto principale e dessert”, ovvero: studiare nelle università d’élite, ereditare tenute e aziende di famiglia, andare in vacanza all’estero, esportare – e consumare – banane e cocaina, evadere le tasse, fare beneficenza e riciclare la propria immagine, impegnarsi nell’alta politica e diventare presidente della nazione.

È proprio per questo motivo che l’attuale governo mafioso ha dato vita a tutto lo spettacolo terroristico del 9 Gennaio, dichiarando il “conflitto armato interno” e lo Stato di emergenza. Per poter imporre il suo “pacchetto di misure”, impedisce la protesta sociale mentre i militari, la polizia e i narcotrafficanti fanno i loro comodi nelle strade. In un simile contesto, aumentare l’IVA e poi dire “lavorate sodo” non solo è una presa in giro e un insulto ma è un attacco e un terrorismo economico da parte dei padroni contro la classe operaia – già precaria, sfruttata e impoverita. Pertanto, per noi lavoratori e lavoratrici è inevitabile, necessario e legittimo esclamare:
ODIO DI CLASSE E LOTTA DI CLASSE CONTRO LO SFRUTTATORE NOBOA!
SOLIDARIETÀ E AUTORGANIZZAZIONE TRA LE PERSONE SFRUTTATE!
Speriamo che nonostante lo Stato di emergenza, la rabbia cresca e le proteste nei luoghi di lavoro e nelle strade non si facciano attendere nei prossimi mesi.

 

Sull’odio e la solidarietà di classe qui e ora. Breve riflessione critica
L’obiettivo di questo testo che, da una prospettiva comunista, critica sia il sindacalismo che l’attivismo caritatevole “anarchico”, non è quello di polemizzare per il gusto di farlo o per avere ragione – perché non siamo in competizione con nessuno. Rifiutiamo questa logica e questa dinamica di competizione tra organizzazioni e individui di sinistra e di ultrasinistra – la quale riproduce le relazioni capitalistiche all’interno e tra di esse. Per questo motivo non partecipiamo e non parteciperemo a questa competizione.

L’obiettivo di questo testo è un invito alla riflessione collettiva, alla discussione e all’azione di quelle personeche sono interessate a farlo – attraverso la (auto)critica ea colpire, allo stesso tempo, il Capitale e lo Stato dove fa veramente male: la produzione del valore e del profitto, le relazioni mercantili e lo sfruttamento… o, detto più semplicemente, l’imposizione sociale-borghese nel dover lavorare per pagare e pagare per vivere.

Come? Tendendo a praticare nuove relazioni sociali tra gli individui sfruttati e dominati che lottano contro lo stato di cose attuali, costruendo relazioni di solidarietà, sostegno reciproco, libera cooperazione, gratuità, auto-organizzazione e orizzontalità. Essere un germe vero e potente di comunismo e anarchia, tramite e soltanto il calore dell’antagonismo di classe… per abolire la società di classe.

L’odio organizzato contro il padrone, lo Stato… e i sindacati!
Di fronte ad azioni quali l’aumento dell’IVA al 15%, il contratto a ore, le dichiarazioni del presidente borghese Daniel Noboa – “lavorare sodo per comprare diversi piatti di cibo” – e in mezzo ad alti tassi di insicurezza del lavoro e al terrorismo del cosiddetto “narco-Stato” – in parole povere: lo sfruttamento e l’oppressione capitalista -, l’odio di classe è legittimo e necessario per la lotta proletaria.[1] Ma non basta. Deve essere trasformato in azione collettiva e auto-organizzazione antagonista.

Nonostante lo Stato di emergenza, speriamo che queste misure governative della classe padronale facciano sia crescere la rabbia proletaria che scoppiare nuove lotte operaie nella regione ecuadoriana. Lotte senza intermediari o rappresentanti sindacali – i quali negoziano solo le briciole con i padroni. Perché i sindacati sono parte del problema e non una soluzione: la riproduzione dello sfruttamento o della relazione lavoro/capitale, con le loro tipiche marce-processioni rispettose della legalità borghese – dalla Cassa di Sicurezza Sociale al Centro Storico, passando ai “tavoli di negoziazione tripartiti”.

I limiti delle rivendicazioni dimostrano, ancora una volta, che per migliorare davvero le nostre condizioni materiali di esistenza (ad esempio abolire la precarietà e l’insicurezza del lavoro) dobbiamo prendere in mano la produzione e trasformarla radicalmente – dove la nostra arma migliore è la solidarietà, le lotte autonome e “selvagge” all’interno e all’esterno dei luoghi di lavoro, l’autorganizzazione e l’azione diretta.

Perché? Perché oggi il capitalismo – compresi lo Stato e i sindacati – non è più in grado di migliorare le condizioni di esistenza dei lavoratori e delle lavoratrici: produce sempre più disoccupazione, miseria e decomposizione sociale. La crisi del rapporto lavoro/capitale è il cuore della crisi del capitalismo odierno.

Pertanto, le rivendicazioni odierne finiscono per dimostrare i loro limiti. L’unico modo per superare questi limiti è lottare per una nuova società. Il che significa: abolire la proprietà privata, lo sfruttamento salariale, i rapporti di mercato e le classi sociali; non solo la borghesia e il suo Stato, ma iniziare con l’abolizione del proletariato stesso – di tutti i generi, “razze”, nazionalità, età, etc. -, appropriarsi dei mezzi di produzione per la soddisfazione diretta dei bisogni collettivi e sperimentare la riproduzione sociale comunista. Comunitarizzare la vita nella sua totalità. Passare dalla scarsità e dall’odio di classe all’abbondanza e all’amore per la vera comunità umana.

Certo, ci sono molte lotte da fare prima di raggiungere questo punto di rottura; ma in quest’epoca non c’è altra dinamica o orizzonte rivoluzionario della lotta di classe. Tutto il resto è controrivoluzione capitalista, anche se mascherata [come sostenibile o dal volto umano].

La solidarietà di classe è la nostra arma migliore! E la solidarietà non è carità attivista!
Lavoratori e lavoratrici: pratichiamo la solidarietà nella lotta per la sopravvivenza quotidiana e nella lotta di classe – non la carità, per quanto attivista, “antisistema” o “anarchica” sia. Perché al di fuori di un contesto di antagonismo di classe, la solidarietà degenera in carità. Il contesto storico e sociale è il fattore determinante. E il contesto attuale, qui e in tutto il mondo, è controrivoluzionario: dalla classe imprenditoriale e il suo Stato che lo amministrano “dall’alto” alle diverse organizzazioni e individualità della sinistra e dell’ultrasinistra che lo riproducono e ne sono il sintomo “dal basso”.

Concretamente, ci riferiamo all’attivismo caritatevole “anarchico” dove si produce cibo gratuito e lo si distribuisce alle persone [senzatetto e per strada]. In realtà, questa [modalità] non costruisce “tessuti di solidarietà anticapitalista” o sovverte i rapporti di potere, ma riproduce la logica della carità pubblica, privata, non governativa e persino religiosa attraverso un altro discorso e un’altra estetica apparentemente “radicale” o “antisistema”. Soprattutto con ideologie e slogan che non hanno nulla a che fare con la lotta di classe rivoluzionaria – atta ad abolire il capitalismo, lo Stato e i confini nazionali -, ma con la sinistra borghese postmoderna.

Comprendiamo che questo attivismo sia un tentativo di lotta e di comunità contro questo sistema di alienazione, sfruttamento e morte. In effetti, noi stessi vi abbiamo partecipato in alcune occasioni, mettendo in gioco i nostri corpi o, come si suol dire, sporcandoci le mani. Per questo motivo parliamo da autocritici e invitiamo alla riflessione autocritica collettiva le persone che sono interessate a farlo. Nella lotta rivoluzionaria, non dobbiamo combattere solo il sistema che è “fuori” di noi, ma anche quello che noi stessi riproduciamo con le nostre pratiche e relazioni sociali, politiche e personali.

Pertanto, contrariamente all’attivismo caritatevole, la solidarietà di classe è una solidarietà antagonista, combattiva, insurrezionale. Ad esempio, le pentole in comune nel contesto delle rivolte di massa o degli scioperi nazionali dell’Ottobre 2019 e del Luglio 2022.[2] E, contrariamente alla carità che è verticale, la solidarietà è orizzontale o tra pari. Pertanto, la solidarietà è inseparabile dall’auto-organizzazione di massa – sotto forma di Comuni e [sempre] nel pieno antagonismo di classe. Questo è un dato che abbiamo potuto verificare anche attraverso la nostra esperienza.

Ovviamente, un contesto del genere non esiste al momento nella regione ecuadoriana. Ma è possibile che il terrorismo padronale e statale in corso produca nuove proteste e, chissà, qualche nuova rivolta; quindi un contesto di antagonismo di classe. Fino ad allora, sia il sindacalismo che l’attivismo caritatevole “anarchico” continueranno a riprodurre le relazioni capitalistiche, nonostante dicano o credono di fare il contrario.

Qual è, dunque, la nostra “proposta” o “soluzione” pratica come lavoratori e lavoratrici rivoluzionari/e? Che soltanto la vera lotta di classe, di cui siamo e saremo solo alcune particelle, darà una risposta concreta a questa domanda. L’invito che rivolgiamo al momento è riflettere, discutere e agire collettivamente per poter sfondare e superare tutto ciò che qui viene (auto)criticato. È già un modo – tra l’altro – per aprire una prospettiva rivoluzionaria verso la comunitarizzazione della vita.
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Note

[1] Si veda la pubblicazione precedente “Odio e lotta di classe contro lo sfruttatore Noboa”

[2] Sulle pentole comuni come parte del repertorio delle comunità di lotta auto-organizzate e della prova di una riproduzione sociale comunista durante i periodi di insurrezione prolungata, raccomandiamo la lettura e la discussione dell’articolo “Intorno alla pentola comune” di di M.E. O’Brien (Ottobre 2019).