Traduzione di Fabio.
Originale: “Israeli police repressing anti-war protests with ‘iron fist,’ say activists“
Dal 7 ottobre, la polizia israeliana ha sistematicamente bannato, vietato e attaccato le proteste contro l’assalto armato a Gaza, instillando un senso di paura tra lu cittadinu Ebrei e Palestinesi.
La sera del 16 gennaio, dozzine di attivistu si sono riunitu di fronte al Kirya di Tel Aviv, sede del Ministero della difesa israeliano e sede centrale dell’esercito. Da quando è cominciata la guerra, è stata una delle prime manifestazioni ebree-israeliane contro l’occupazione militare della striscia di Gaza. [In questo frangente] la polizia ha agito rapidamente per sopprimerla: dozzine di poliziotti erano stati schierati in anticipo, vietando [e bloccando] la protesta [prima che] prendesse luogo nella zona stabilita. Hanno confiscato i cartelli con la scritta “Fermate il massacro” perché offendevano il sentimento pubblico. Unu attivista è statu arrestatu, e moltu altru assalitu.
Questi eventi sono tutt’altro che rari. Dal 7 Ottobre, la polizia israeliana ha incrementato la politica di prevenzione e limitazione di ogni protesta contro la guerra – mentre le proteste solidali verso gli ostaggi e le loro famiglie sono permesse in alcune zone. Questa politica è ancora in atto nonostante la Corte Suprema Israeliana abbia emesso un’ordinanza cautelare all’inizio del mese che proibiva al Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir di interferire con il controllo delle manifestazioni; in larga parte, però, la polizia sembra rinforzare il desiderio del ministro nell’abbattere la libertà di espressione durante la guerra. Lu attivistu contro la guerra di tutto il paese – palestinesi ed ebrei – che sono statu intervistatu per questo articolo, menzionano all’unisono una parola: “paura”. Anche attivistu veteranu dicono che non hanno mai avuto così tanta paura di protestare. Hanno paura di essere arrestatu, che per lu cittadinu palestinesi vorrebbe dire mesi in prigione. Più che mai, dicono, è pericoloso esprimere solidarietà con la gente di Gaza, e sentono che la retorica belligerante dei politici stia direttamente influenzando il comportamento della polizia.
Dai primi giorni di guerra, era chiaro che questa fosse la politica [del governo]”, ha dichiarato Maysana Mourani, avvocato del centro legale per i diritti umani “Adalah” ad Haifa, a +972 e Local Call. “La polizia ha acquisito nuovi poteri nel reprimere immediatamente le proteste, anche quando non è richiesto un permesso, a causa della “mancanza di personale”.”
Adalah”, dal 7 Ottobre, ha presentato molte istanze alla Corte Suprema per contestare questi divieti polizieschi sul diritto alla protesta. Nonostante l’intervento della Corte all’inizio del mese, quest’ultima non è intervenuta in numerose altre occasioni, lasciando decidere alla polizia quali proteste permettere.
Dipende dall’identità dellu manifestanti e dagli slogan”, dichiara Mourani.
I tribunali vedono il pericolo in ogni atto di protesta”, ha continuato. “Le persone vengono detenute automaticamente per qualche giorno. Tutto questo si trasforma rapidamente in un atto d’accusa e la detenzione permane fino alla fine del procedimento. È tutto folle; questo è un nuovo standard.”
La norma è che la polizia sopprime ogni protesta” , ha dichiarato a +972 Amjad Shbita, segretario nazionale del partito di sinistra “Hadash.”
Il 9 Gennaio “Hadash” ha provato ad organizzare una protesta nella città settentrionale di Kabul; visto che sarebbero state presenti meno di 50 persone, non era necessario alcun permesso. Nonostante ciò, la protesta è finita prima di cominciare: “La polizia ha trattenuto e minacciato il segretario dell’Hadash locale; alla fine abbiamo desistito. La sede locale [del partito] ha annullato la manifestazione.”
Alcune restrizioni sembrano essersi leggermente allentate nelle ultime settimane. Ad Arraba, un’altra città araba settentrionale, [si è tenuta] una manifestazione il 12 Gennaio contro la guerra [e le persone partecipanti erano] circa 150. Questo è stato il più grande evento pubblico a guida palestinese in Israele dall’inizio della guerra.
Lo scorso weekend (inizio di Gennaio 2024, ndt), vi sono state delle manifestazioni più grandi ad Haifa e Tel Aviv – che la polizia aveva originariamente proibito in quanto era “carente di personale” nell’assicurarne la sicurezza. Queste sono state permesse dopo l’invio delle petizioni alla Corte Suprema. Oltre 1000 persone hanno preso parte a quella di Tel Aviv, organizzata dal movimento Ebreo-Arabo “Standing Together”, mentre la polizia ha limitato la manifestazione guidata da “Hadash” ad Haifa a 700 persone.
Tuttavia c’è la sensazione tra lu intervistatu che questi cambiamenti siano marginali. “La polizia ha mollato un po’ [la presa]”, dichiara Shbita, “ma si avverte ancora il pugno di ferro”.
“Stanno provando a intimidirci”
Sopprimere le proteste durante le fasi guerreggianti [o in tempi di pace], non è una novità per la polizia israeliana. Ma gli attuali attacchi alla libertà di espressione sono portati avanti con forza e rapidità senza precedenti.
Una settimana dopo l’inizio della guerra, il commissario di polizia Kobi Shabtai ha vietato le manifestazioni di solidarietà allu palestinesi di Gaza. “Chiunque voglia solidarizzare con Gaza è il benvenuto”, ha detto in un video postato sui social media arabi della polizia di Israele; “lo metterò subito sugli autobus che stanno andando lì.”
Il portavoce della polizia Eli Levy ha fatto eco a queste dichiarazioni poco dopo, dichiarando a IDF Radio: “Impediremo a chiunque voglia chiedere il permesso di tenere una manifestazione in supporto di Gaza o dell’organizzazione terrorista nazista che ha commesso qui un Olocausto. Verremo e affronteremo con ogni [mezzo che abbiamo] chiunque manifesti senza permesso”. E ha aggiunto: “Chiunque provi ad uscire e dica una sola parola in supporto a Gaza, finirà dietro le sbarre”.
Il 7 Novembre, la Corte Suprema ha rifiutato la petizione di “Adalah” che si batteva contro la decisione della polizia di impedire una protesta dellu palestinesi delle città di Umm al-Fahm e Sakhnin – impedimento giustificato dalla “carenza di personale” delle forze dell’ordine. La Corte ha affermato, in ogni caso, che “un radicale e generale divieto delle manifestazioni non rientra nell’autorità del commissario di polizia”, e ha insistito che ogni richiesta di permesso ricevesse la dovuta considerazione. Nonostante queste direttive, tutte le proteste organizzate in modo indipendente dal 7 Ottobre dallu palestinesi di Israele sono state proibite – tranne una.
Rula Daood, cittadina palestinese d’Israele e co-direttrice nazionale di “Standing Together”, ha organizzato la scorsa settimana (primi di Gennaio 2024, ndt) e fino a questo momento, la più grande manifestazione contro la guerra a Tel Aviv; ha spiegato le straordinarie difficoltà nel provare ad organizzare una protesta col clima attuale: “La polizia ci ha dato un permesso, poi l’ha ritirato. All’inizio ci hanno detto che la marcia era approvata ma la zona non era adatta ed erano vietati i discorsi. Le cose cambiavano continuamente.”
Prima di questo avevano detto che non poteva esserci alcuna marcia, si poteva stare solo in piedi (un comizio?), senza altoparlanti”, continua Daood. “Volevamo che migliaia di persone marciassero a Tel Aviv, chiedendo la fine della guerra, un accordo per il cessate il fuoco e il ritorno degli ostaggi. Vogliamo [tuttora] raffforzare quella voce e parlarne il giorno dopo.”
La motivazione della polizia per il divieto – che non avevano abbastanza personale per difendere la protesta da contro-proteste – sembrava essere infondata. Nessuna di queste marce ha generato contro-proteste significative, salvo per qualche passante che gridava insulti allu manifestanti.
Stanno cercando di intimidirci. [Vogliono] creare un sentimento di polizia sovrana, che fa quello che vuole e che nessuno possa toccarli”, dice Daood. “È una polizia politica, ed è davvero allarmante. Quando sei unu cittadinu palestinese, questa paura raddoppia. La gente ha persino paura di partecipare a piccole marce, apparire in fotografie… scrivere qualsiasi cosa.”
Il 9 Novembre, l’ “High Follow-Up Committee” – un’organizzazione ombrello rappresentante lu palestinesi d’Israele – pianificava una protesta pacifica a Nazareth, con la partecipazione di un numero limitato di invitati. Ma la polizia ha risposto con degli arresti preventivi – incluso l’ex membro del Knesset, Mohammad Barakeh, presidente del Committee -, vietando di fatto la protesta.
Dopo l’arresto, Barakeh ha presentato una petizione alla Corte Suprema; ma i giudici l’hanno respinta. Il giorno seguente, il comandante della stazione di polizia di Nazareth, Eyal Kihai, ha inviato un messaggio a Barakeh, avvertendolo di non portare avanti la protesta: “Come detto il messaggio è chiaro e inequivocabile. Non tollereremo violazioni riguardanti le decisioni giudiziali o quelle mie locali come comandante di stazione. [Applicherò] la tolleranza zero mediante gli strumenti concessi dalla legge verso i rappresentanti dell’ “High Follow-Up Committee” o qualsiasi tua organizzazione.”
A Dicembre Barakeh è stato seguito da alcune macchine della polizia. La protesta è stata permessa alla fine del mese, senza altri arresti.