Berneri Caleffi Giovanna, Zaccaria Cesare, “Controllo delle nascite. Mezzi pratici per avere figli solo quando si vogliono” – Quarta Parte

Terza Parte

Parte 4. Appendici

Una sentenza che fa onore alla Magistratura italiana

TRIBUNALE DI NAPOLI – SEZIONE XVII
Sentenza nella causa:
1) Zaccaria Cesare fu Pietro
2) Caleffi Giovanna fu Giuseppe
3) Genovese Maria fu Guglielmo

Liberi presenti, imputati art. 533-110 C.P: e 21 Legge 8-2-1948 n. 47 per avere i primi due scritto e la terza stampato l’opuscolo “Controllo delle nascite” mettendo in circolazione tremila copie al prezzo di lire 50 ciascuna in Napoli 1948.
Fatto – Con ordinanza del 10-2-1949 la Procura della Repubblica presso questo tribunale ordinava il sequestro di un opuscolo stampato presso la tipografia di Genovese Maria dal titolo “Controllo delle nascite” ed in esecuzione di questo disposto, la Questura di Napoli con rapporto del 18 Febbraio 1949 denunziava i primi due imputati quali autori dell’opuscolo e la Genovese che aveva provveduto ala stampa di esso – sequestrando oltre ad un esemplare dell’opuscolo anche tre numeri della rivista mensile “Volontà” pubblicati il 1° Luglio, 1° Settembre e 1° Novembre 1947, contenenti articoli sullo stesso argomento a firma della Caleffi suddetta e di altri autori.
Istruitosi procedimento penale i tre imputati sono comparsi all’odierno dibattimento ed hanno protestato la loro innocenza sostenendo gli autori dell’opuscolo di aver raccolto in esso il contenuto di vari articoli pubblicati nella rivista “Volontà”, coordinando i loro studi e ricerche, su un problema di carattere scientifico sociale e politico, senza alcuna intenzione di far propaganda contro la procreazione e tanto meno a scopo di lucro. Che l’argomento era stato oggetto di trattazione da parte di vari autori in volumi in libera vendita, in giornali e riviste che il fine da essi propostosi non fosse stato quello di limitare le nascite ma di educare ad una corretta procreazione, onde evitare gli eccessi individuali e sociali di una procreazione insensata ed incosciente, nell’interesse dei singoli e della società. Che il problema del controllo delle nascite è studiato e seguito da tempo in molti paesi nel quadro di una assistenza sociale per la maternità e per assicurare le migliori famiglie. La Genovese si è difesa asserendo di aver adempiuto alle formalità impostele dalla legge quale “stampatore” ed ha dimostrato di aver trasmesso le copie dell’opuscolo incriminato alla Prefettura, alla Procura della Repubblica, con le ricevute esibite.
In esito alla risultante del dibattimento il Collegio osserva in diritto.
Una valutazione obiettiva del contenuto dell’opuscolo “Controllo delle nascite” di Cesare Zaccaria e Giovanna Berneri (Caleffi) deve tener conto dell’indole della pubblicazione, facente parte dei “Quaderni di Rivoluzione Libertaria” che, con la rivista mensile “Volontà” divulgano opinioni ed ideologie politico sociali che nella libera repubblica italiana hanno oggi riacquistato diritto di cittadinanza, col riconoscimento della libertà di stampa e di opinione sancita dalla Costituzione.
Non bisogna pertanto dimenticare le finalità perseguite dagli autori fatte palesi dalla loro professione di fede politica, dalle loro aspirazioni di redimere la società dai mali che l’affliggono secondo il punto di vista delle loro opinioni che non sono penalmente censurabili.
Vige però l’articolo 553 del Codice penale in base al quale è stato incriminato il loro opuscolo pel suo specifico contenuto, per essersi in esso ravvisata una propaganda contro la procreazione. In relazione a tale articolo di legge va esaminato il fatto degli imputati, nella sua materialità ed in ordine al dolo del reato, nella valutazione del quale hanno rilevanza le considerazioni di cui sopra.
La materialità del reato va ravvisata in un’attività di propaganda e incitamento a pratiche contro la procreazione, in contrasto cioè ed in opposizione a quella propaganda demografica perseguita dal fascismo e nel quadro della quale, tra le tante disposizioni legislative promulgate, fu inserita la norma penale diretta a reprimere un’attività contraria ai postulati del regime. Dalla relazione ministeriale alla relativa disposizione legislativa, si evince chiaramente lo spirito e la finalità dell’art. 553 C.P. inserito nel quadro della politica demografica imperniata sullo slogan “il numero è potenza”.
Dalle considerazioni critiche circa l’attualità e l’aderenza ai bisogni sociali e politici, alle condizioni economiche del nostro Paese di tali postulati partono appunto gli autori per prospettare le funeste conseguenze della politica demografica seguita dal passato regime. Essi denunziavano e descrivono le ripercussioni dannose per l’individuo e per la società di una tale politica demografica, sorgente di miseria, di abiezione, di degradazione fisica e morale, in un paese le cui condizioni di basso livello della vita delle masse, aggravate da un incosciente procreazione determina la piaga di famiglie numerose, con prole eccedente per i suoi bisogni, le possibilità di vita sana che i genitori possono ad essi procurare con la conseguente alta mortalità infantile, malattie e miseria. Problema sociale, dunque che travaglia direttamente le classi incolte e meno abbienti presso le quali si ravvisa dagli autori la necessità di un’educazione e di un’adeguata assistenza e di consigli perché le famiglie crescano sane e la procreazione diventa un fatto cosciente e volontario, ed il figlio, voluto e non temuto, come conseguenza dell’atto sessuale, sia il coronamento della felicità coniugale.
Anche perché, si osserva dagli autori, nelle classi più evolute il controllo delle nascite si attua e si è attuato nonostante i divieti legislativi di smercio di mezzi antifecondativi, o col ricorso al mercato clandestino di idonei prodotti, o attuando sistemi dannosi alla salute e contro la morale. Di tali sistemi si fa un’analisi accurata mettendone in evidenza i vari difetti con richiami scientifici e dimostrazioni desunte da esperienze di studiosi. L’esame viene portato sul metodo della continenza periodica in relazione ai periodi di fecondità della donna, accertabili sulla base delle esperienze dei medici in gran numero di casi, secondo i sistemi dei dottori Ogino e Knaus.
Tale sistema si osserva dal Collegio divulgato in molte pubblicazioni in quanto secondo una legge naturale che presiede alla fecondazione della donna, si concilia altresì con le dottrine della Chiesa Cattolica che non vietano l’atto sessuale infecondo tra coniugi, se compiuto in periodo sterile, e consente al controllo delle nascite mediante la continenza nei giorni fecondi. In varie pubblicazioni oggi in libera vendita ovunque, alcune delle quali sono state esibite dalla difesa degli imputati, che trattano tale argomento in quanto divulgano un metodo per la conoscenza da parte di ogni donna dei periodi sterili e di quelli fecondi del proprio ciclo mestruale (fornendo anche schemi, tavole per le annotazioni periodiche in base ai quali si desumono i calcoli per la determinazione dei giorni sterili) e consentendo quindi di evitare la procreazione non voluta, o di procreare quando lo si ritenga più opportuno, dovrebbero ritenersi delittuose, perché attuano anch’esse una propaganda di un sistema per regolare la procreazione e quindi per evitarla quando lo si ritenga opportuno.
Non risulta però che gli autori ed editori di tali pubblicazioni opera di medici e studiosi, alcune delle quali avallate per la parte morale da firme di esponenti della Chiesa Cattolica, siano state incriminate ai sensi dell’Art. 553 C.P. pur non essendo opere di esclusivo interesse scientifico ma di vera e propria divulgazione di un metodo su base scientifica e di cultura pratica per tutti.
Non si vede quindi il motivo pel quale l’argomento trattato dalla pubblicazione incriminata dovrebbe considerarsi materia del reato ascritto agli imputati sol perché costoro, nell’esporre e criticare i vari metodi praticamente usati da quei coniugi che si propongono il controllo delle nascite, abbiano illustrato quelli ritenuti più efficaci proponendone uno da essi ritenuto più sicuro (uso del pessario vaginale) e più pratico anche in rapporto a quello suggerito dagli assertori del metodo Ogino-Knaus, liberamente propagandato e suggerito, per una sana e cosciente procreazione.
Nell’opuscolo pubblicato dagli imputati è ribadito varie volte il concetto che il controllo delle nascite ha per suo motore “la volontà di una famiglia sana, con figli sani, non già l’idea innaturale della famiglia senza figli” e nella conclusione si prospetta la opportunità di agitare il problema del controllo delle nascite sull’esempio di altre nazioni, per formare una coscienza adeguata nel popolo, facendo sapere a tutti “che si può facilmente regolare con prudenza ed intelligenza la generazione dei figli, averli quando si può esser certi che saranno sani e che potremo dar loro le cure necessarie perché crescano bene.”
Ritiene quindi il Collegio che l’opera non priva di richiami storici e di considerazioni morali, scientifiche e sociali e pervasa com’è dello spirito che anima gli autori perché abrogandosi le leggi fasciste che lo negavano, venga agitato il problema del controllo delle nascite in tutta la sua portata sociale, non può definirsi di propaganda contro la procreazione in quanto, in definitiva, propugna una procreazione cosciente e volontaria della quale la famiglia e la società potrebbero trarre vantaggi ben più sensibili di quelli auspicati con la politica demografica, che chiede ai coniugi il maggior numero possibile di figli il più delle volte nati contro il volere dei loro autori. Gli autori dei trattati ed opuscoli divulgatori del sistema Ogino-Knaus danno al controllo delle nascite lo stesso fondamento igienico sociale e la stessa giustificazione morale che, pel suo conformismo alla morale cattolica ha ottenuto a quella pubblicazione la imprimatura della Chiesa.
Il fine è però identico: consentire la procreazione come conseguenza dell’atto sessuale, solo quando lo si ritenga opportuno – attuando un breve periodo di continenza limitatamente ai giorni fecondi della donna.
Ritiene però il Collegio che nell’applicazione della legge penale il giudice non deve tener conto dei precetti morali (religiosi o ideologici) che il diritto espressamente non tuteli, sicché irrilevante è ai fini penali che gli imputati abbiano manifestato la loro preferenza per un metodo anziché per un altro, nel quadro di un controllo delle nascite inteso nel senso già illustrato. Se si considera poi l’aspetto psicologico del reato attribuito ai prevenuti, deve escludersi in essi il dolo specifico di far propaganda contro la procreazione e, con maggior ragione, il fine di lucro della loro attività letteraria. Ne fanno fede le loro convinzioni politico-sociali, delle quali appaiono ferventi assertori, la serietà degli studi in base ai quali l’argomento è trattato, la compostezza dei termini nella trattazione di delicati argomenti, e le finalità stesse della pubblicazione che ha raccolto in un unico testo gli stessi argomenti, già pubblicati nel periodico “Volontà” di carattere prettamente politico-sociale.
Il modico prezzo del volumetto (inizialmente L. 30 e poi L. 50) tenuto conto che trattasi di 32 facciate a stampa con copertina e dei prezzi della carta e della stampa, induce ad escludere che la pubblicazione abbia avuto particolari fini di speculazione editoriale. Benchè tale fine sia solo una circostanza aggravante del reato, l’inesistenza di esso, in rapporto a quanto già esaminato, elimina ogni sospetto circa il dolo degli imputati, non ravvisandosi nel fatto ad essi attribuito che una lecita attività di propaganda delle loro opinioni in problemi sociali ed economici in libera discussione sulla stampa.
P. T. M.
Il Tribunale, visto l’art. 479 del C. P., assolve Zaccaria Cesare, Caleffi Giovanna, Genovese Maria, dalla imputazione loro ascritta in rubrica perché il fatto non costituisce reato.
Napoli, Maggio 1950

 

PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
PRETI, MATTEOTTI CARLO, SECRETO, MARTONI, LA MALFA, SARAGAT, CECCHERINI, MATTEOTTI MATTEO, ROMITA, ROSSI PAOLO, TREVES, BERTINELLI, CORTESE GUIDO, VILLABRUNA, MACRELLI, CAMANGI, BOZZI, CAPUA, DE CARO, TOGLIATTI, AMENDOLA PIETRO, SANSONE, GULLO, BERLINGUER, TARGETTI
Annunziata il 27 novembre 1953
Abrogazione dell’articolo 553 del Codice penale relativo alla propaganda antiprocreativa

ONOREVOLI COLLEGHI ! — Non v’è nessuno che s’illuda che si possa pervenire entro breve termine ad una riforma generale del Codice penale Rocco. D’altronde certi articoli di tale Codice contrastano in maniera stridente con lo spirito della democrazia italiana. Uno tra gli articoli che oggi appaiono più manifestamente inaccettabili è il 553 del Codice penale, il quale stabilisce: «Chiunque pubblicamente incita a pratiche contro la procreazione o fa propaganda contro di essa è punito con la reclusione fino ad un anno, ecc. ». Non v’è persona che oggi ignori lo stretto collegamento che esiste tra disoccupazione ed eccesso di popolazione, ed è perciò che tutti gli italiani di buon senso si augurano che la popolazione del nostro Paese non abbia più a crescere con lo stesso ritmo dei decenni precedenti. In relazione a questo generale stato d’animo sono stati in questi ultimi anni raccomandati e propagandati vari metodi anti-procreativi, alcuni dei quali hanno trovato addirittura il conforto da dichiarazioni illuminate delle massime autorità della Chiesa cattolica, che, nelle condizioni demografiche attuali, incitano in modo chiaro alla « regolazione della natalità » come metodo per venire incontro alle difficoltà economiche e anche morali delle famiglie eccessivamente numerose. Per esempio, rispondendo nella Civiltà Cattolica ad un giornalista che lo intervistava, Padre Rotondi si esprimeva in questi termini: «Quando ci sono dei motivi seri, è lecito non mettere al mondo dei bambini; e l’uso dei periodi agenesiaci è talmente regolare da non mettere in peccato mortale nemmeno quei coniugi che, per mezzo di esso evitano i bambini senza un giustificato motivo. La divulgazione del metodo Knaus, più che giustificata,appare necessaria, urgente ». Lo stesso Pontefice si esprimeva il 28 novembre 1951, ricevendo i partecipanti al Convegno del « Fronte della famiglia » in modo egualmente esplicito: « La Chiesa sa considerare con simpatia e comprensione le reali difficoltà della vita matrimoniale ai nostri giorni. Perciò nell’ultima nostra allocuzione sulla morale coniugale, abbiamo affermato la legittimità e al tempo stesso i limiti, in verità ben larghi di una regolazione della prole. Si può anzi sperare (ma in tale materia la Chiesa lascia naturalmente il giudizio alla scienza medica) che questa riesca a dare a quel metodo una base sufficientemente sicura, e le più recenti informazioni sembrano confermare una tale speranza». L’esistenza dell’articolo 553 del Codice penale può peraltro in ogni momento dare il destro a qualsiasi cittadino di denuciare scienziati, sacerdoti, scrittori e conferenzieri, i quali cerchino di convincere i cittadini ad adottare rimedi atti ad evitare la procreazione; ed il giudice non può esimersi dal condannarli. Tanto è vero che in questi ultimi anni, incredibile a dirsi, in un paese che ha milioni di disoccupati o semioccupati e il cui Governo chiede continuamente all’estero l’assorbimento della propria popolazione esuberante, si sono avuti tre processi contro medici autori di pubblicazioni informative in materia concezionale (Tribunale di Napoli: 8 maggio1950; Corte d’appello di Roma: 30 ottobre1951; Tribunale di Milano: 30 maggio 1952). La stessa Magistratura si è trovata imbarazzata e ha trovato il modo di assolvere l’imputato dell’’ultimo processo con una motivazione di estremo interesse, che stabilisce senz’altro che « il fatto non costituisce reato ».Per evitare che domani possa verificarsi di nuovo una simile eventualità e per permettere a chiunque di esporre con tranquillità il proprio punto di vista su un argomento che interessa in modo particolarissimo un paese sovrapopolato come il nostro, è necessaria l’abolizione della summenzionata norma, la quale del resto non trova corrispondenza nella legislazione di alcun altro paese civile, salvo la Germania nazista, e non è stata suggerita al legislatore fascista da considerazioni morali bensì da prospettive imperialistiche, che puntavano sull’esasperazione della pressione demografica italiana. La migliore prova che l’articolo 553 costituisce una disposizione tipicamente fascista è data dal fatto che i Codici precedenti non prevedevano assolutamente questo reato, il quale, si noti bene, non è stato classificato tra i delitti contro la moralità pubblica e il buoncostume, ma tra i delitti contro la sanità e la integrità della stirpe. Sia ben chiaro che l’articolo 553 non ha nulla a che fare con l’istigazione all’aborto; tanto è vero che per i casi di istigazione all’aborto con somministrazione di mezzi idonei, diretta anche pubblicamente a una donna determinata, la quale sia incinta, è applicato l’articolo 548 del Codice penale, che non proponiamo affatto di abolire, dato che esso si ispira a preoccupazioni di ordine diverso da quelle che hanno ispirato l’articolo 553. Mentre la democrazia rende lecito non solo ogni tipo di propaganda politica, ma anche quella contro il principio stesso della religione, cioè in favore dell’ateismo, non è concepibile che nell’Italia democratica sia condannata la propaganda contro la procreazione, quando a tutti è noto che la sovrapopolazione è uno dei più angosciosi problemi del nostro paese.
PROPOSTA DI LEGGE. Articolo unico.
L’articolo 553 del Codice penale è abrogato.

Finito di stampare il 15-2-1955 per conto della Editoriale “Ethos” dalle Industrie Grafiche Bernabei e C.
Milano, via Orti 16

Berneri Giovanna, Zaccaria Cesare, “Controllo delle nascite. Mezzi pratici per avere figli solo quando si vogliono” (file in PDF)