Metodi parzialmente efficaci
Nelle selve della Guaiana olandese, le donne negre inseriscono la vagina, quando vogliono evitare di restare incinte, l’involucro di un grosso seme, lungo circa dodici centimetri, che è chiuso da una parte e rimaner aperto in avanti. È questo una anticipazione del metodo di controllo delle nascite che si può dire oggi il più largamente usato in tutti i paese civili: il
Preservativo
In varie forme, fatto con vesciche e perfino di finissimo lino, esso già si trova nell’antica Roma e nel nostro Rinascimento, in Francia ed in Inghilterra nel XVI secolo – finché l’industria della gomma non ne consentì la fabbricazione di massa nel nostro tempo. Consiste, come tutti sanno, in un leggerissimo involucro di gomma, sagomato secondo la forma dell’organo maschile, e col quale viene ricoperto subito prima dell’atto sessuale. In Europa, il preservativo ha una specie di appendice sulla punta, destinata a ricevere il seme al momento dell’eiaculazione. In America fanno a meno dell’appendice, curando di lasciare un piccolo vuoto sulla punta durante la messa a posto del preservativo. Ed è fuori dubbio che questo metodo di controllo risulta in pratica abbastanza efficace. Ma sbaglia chi lo ritiene effettivamente sicuro in tutti i casi. Anch’esso ha l’inconveniente di richiedere che i primi approcci sessuali, proprio quando cominciano a produrre la eccitazione richiesta, debbano venire interrotti perché l’uomo possa mettersi il preservativo. Ma a parte questo v’è il pericolo di buchetti o crepature invisibili nella gomma, che sotto la pressione della eiaculazione si allargano e lasciano passare qualche piccola quantità di liquido seminale, con la conseguente fecondazione della donna. Inoltre, esso diminuisce la sensazione dell’atto, specialmente per la donna. Inoltre, esso diminuisce la sensazione dell’atto, specialmente per la donna: e negli uomini talvolta impedisce la pienezza dell’orgasmo. Nei casi in cui manca una sufficiente lubrificazione della vagina, si possono causare irritazioni locali. Infine, per quanto non sembri a prima vita, è un metodo costoso: ogni preservativo non si può adoperare più di tre o quattro volte (anche se si ha cura di lavarlo bene con acqua corrente dopo ciascun uso). In complesso quindi, mentre si deve riconoscere che per i suoi vantaggi, per la facilità di uso, etc esso costituisce un sistema abbastanza efficace, va ripetuto che non si può ritenerlo del tutto sicuro. Perciò nei casi in cui evitare la gravidanza è imperativo – ad esempio per il rischio di morte della donna nel parto – bisogna sempre associarlo con qualche altro metodo da parte della donna.
Tampone
Anche questo metodo è assai antico, per quanto non così diffuso oggi come gli altri che abbiamo considerato. In sostanza esso consiste nell’inserire al fondo della vagina un pacchetto di materiale morbido che assorba il liquido seminale, e che, contenendo qualche agente adatto distrugga la vitalità degli spermatozoi. Il tampone può farsi in vario modo: con del cotone grezzo, con della lana fine, con una spugna di gomma: i giapponesi usano perfino della carta soffice. Non si deve però mai usare né cotone idrofilo – che ammollandosi diventa una palla dura – né spugne di mare – che danno frequenti irritazioni. È essenziale che il tampone sia impregnato in una soluzione spermicida. La donna di casa che pensa da sé a questo metodo usa di solito una miscela di aceto ed acqua, o sugo di limone, e perfino olio d’oliva oppure acqua saponosa. Per essere sicuri, si può invece usare qualcuno degli spermicidi che si trovano dal farmacista, costituiti di solito a base di acido lattico, o di acido borico, acido citrico, chinina o formaldeide, convenientemente diluiti. Il tampone va inserito ben alto nella vagina, qualche tempo prima dell’atto assicurandosi che riempia bene il fondo e si adatti bene sopra la bocca dell’utero. Si può lasciare a posto fino a mattina dopo, e rimuoverlo allora tirando un filo che si è lasciato ad esso attaccato per questo scopo. Va usato una volta, ed almeno lavato (meglio se bollito) dopo ogni uso.
È nell’insieme un metodo facile, che non interferisce minimamente con lo svolgimento dell’atto, di poco costo, e di relativa efficacia. Anch’esso però non può dare la sicurezza assoluta che può accadere durante i movimenti dell’atto sessuale che esso venga spostato dalla sua posizione lasci passare un poco del liquido seminale, oppure lo spermicida preparato in casa può risultare inadatto al suo ufficio.
Questo metodo tuttavia è ancora quello che pur essendo di facile realizzazione, dà un grado relativamente più alto di sicurezza. L’uomo può usare il preservativo, ma questa pratica ha molti inconvenienti. Per questo suggeriamo, togliendolo da un aureo libretto inglese 1, le indicazioni occorrenti perché qualunque donna, con mezzi reperibili anche in campagna, possa mettersi da sé al sicuro abbastanza contro la gravidanza non desiderata, con la preparazione e l’uso regolare di un tampone. (si può aggiungere che ottimi tamponi di spugna di gomma, chiusi in involucri sterili, si possono comprare in tutte le città dai negozianti di apparecchi chirurgici e dai farmacisti ed analogamente si trovano anche spermicidi liquidi e in gelatina da usare insieme al tampone).
Spermicidi
I mezzi strettamente chimici per evitare la fecondazione son tutti prodotti che dovrebbero avere la capacità di distruggere rapidamente la vitalità degli spermatozoi, prima che essi arrivino alla bocca dell’utero. Si trovano in commercio con molti nomi ed in varie preparazioni. Son tavolette, ovuli, polvere, suppositori, gelatine e simili: si introducono nella vagina prima dell’atto sessuale, dove si suppone che essi o si sciolgano o si spargono tutt’attorno al canale e sul fronte dell’utero. In modo che agiscono, oltre che come distruttori dello sperma, anche come barriera meccanica lungo il cammino che esso deve percorrere. Tali prodotti sono in genere innocui, salvo alcuni che contengono prodotti irritanti e possono dare disturbi. Ma la loro efficacia, quando si usino da soli, è assai scarsa. Anche una forma di “tavolette schiumogene” messe recentemente sul mercato che si dice generino nell’interno della vagina una massa schiumosa e gassosa di sicura efficacia spermicida, risultano in pratica di effetto incostante. Ed è ovvio che non diano nessuno la sicurezza; si capisce quanti mal casi possano darsi in cui l’effetto spermicida non è sufficientemente rapido, o non si realizza dappertutto etc, e quindi la fecondazione ha luogo ugualmente. Comunque, l’esperienza dimostra che i migliori tra tali prodotti sono quelli in forma gelatinosa. Si vendono in tubetti, muniti di appendice speciale per l’introduzione rapida nella vagina, raggiungendone con sicurezza il fondo. Ed essi danno il massimo di effetto, per quanto lascino sempre un margine d’incertezza quando si usino da soli.
Metodo di Ogino-Knaus
Il metodo di Ogino-Knaus è il risultato di profondi studi condotti con metodo sperimentale da parte di insigni ginecologi di diversi paesi e di diverse tendenze ed è oggetto, particolarmente nei paesi anglosassonici e in Giappone, di una pratica clinica delle più interessanti. Ogni donna normalmente costituita e atta alla procreazione non può essere fecondata in ogni tempo, ma, come per primi scoprirono i due ginecologi dal nome dei quali il metodo s’intitola, soltanto nel periodo che dal 12° al 19° giorno prima dell’inizio della successiva mestruazione. Esistendo quindi ben differenziati giorni di “sterilità fisiologica”, in corrispondenza di determinati tempi (periodo sterile post-mestruale e periodo sterile pre-mestruale), si può, dalla conoscenza di questi pervenire a una regolazione delle nascite. La maggior difficoltà nell’applicazione pratica del metodo, sta nel fatto che non esistendo donne con un giorno di ovulazione, sempre fisso, non riesce facile determinare, con precisione, quando si tratta di normali oscillazioni nel ciclo mensile, magari anche di sei o otto giorni, e quando invece trattasi di anomalie. Va considerata come legge fisiologica che, se teoricamente ormai è inconfutabile, praticamente, per diventare funzionante, esige da parte di chi se ne avvale, non soltanto la precisione del calcolo dei vari periodi fecondi e infecondi, ma anche l’osservanza di altri elementi, fra i quali molti di carattere psico-fisico, sempre difficili a captare, a valutare e a commisurare. Il metodo di Ogino-Knaus che fra l’altro è l’unico, per ora, ammesso dalla Chiesa Cattolica, è da considerarsi efficace, ma – allo stato attuale delle nostre conoscenze attuali – parzialmente, perché è proponibile solo a coloro che sanno intendere il valore della continenza periodica e quindi sono dotati di forte potere di autocontrollo. La donna inoltre dovrebbe essere educata a studiare i propri cicli mestruali, per almeno un anno, per stabilire da sé la propria regola sessuale. Le istruzioni ed i mezzi pratici (strumenti vari) attualmente più conosciuti in Italia, per la determinazione dei periodi fecondi ed infecondi, sempre secondo la teoria in parola, sono:
– H. Knaus: Giorni fecondi e infecondi nella donna e metodo per determinarli, Editrice “Universo”, Roma, 1954
-Prof. Dott. Stefano D’Este: I giorni fecondi e i giorni sterili nella donna. Calcoli per la loro determinazione, Editrice “Idea”, Bergamo, VI ediz., 1949.
-Dott. Renzo Buzzoni: La naturale autoregolazione delle nascite secondo la teoria di O.K., Soc. Editrice Torinese, Torino, 1950
-Dott. Ing. S. Petrone: Il nuovo indicatore , C. D. Minerva Medica, Torino, 1950
-C. D. Indicator: Apparecchio per la determinazione dei giorni fecondi e sterili della donna secondo la teoria di O.K., Società Italiana Indicator, via Albricci 5, Milano
-L’Eugenesimetro, regolo per determinare nel modo più semplice e sicuro i giorni fecondi e sterili della donna, secondo la teoria di O.K., con opuscolo di presentazione e di istruzione del prof. S. Fossati, dell’Istituto Ginecologico “Igea” Milano (in vendita presso dott. C. Miotti, via Zucchi 17, Monza)
Il metodo sicuro
L’esame degli inconvenienti di varia natura dei sistemi fin qui esaminati, e delle ragioni per cui essi non danno sufficiente sicurezza contro la fecondazione non desiderata, suggerisce che un apparecchio veramente efficace deve anzitutto essere affidato per l’uso alla donna – non deve interferire con l’andamento libero dell’atto e bisogna che non se ne avverta la presenza durante i movimenti relativi. Infine, deve essere veramente sicuro. Questo metodo ideale esiste, è largamente usato, soprattutto in America nelle cliniche di maternità, per tutti i casi in cui vi son ragioni di sconsigliare la gravidanza: e consiste in un pessario vaginale combinato con gelatina spermicida.
Il pessario vaginale
L’idea non è nuova: creare una separazione meccanica tra il canale della vagina e la bocca dell’utero. Già 5000 anni fa gli Egizi usavano una barriera vaginale come antifecondativo. Ma la forma attuale si ritiene inventata in Germania verso il 1880 da Mensinga, il quel preparò per primo un diaframma elastico capace di occludere il fondo della vagina, con che veniva impedito al liquido seminale di giungere alla bocca dell’utero. (V’è anche un già accennato altro piccolo apparecchio ancora più semplice, il cappuccio cervicale, che parrebbe adatto: una specie di ditale che si fissa sulla testa sporgente dell’utero, e che può restare in posto anche lungo tempo, senza gravi inconvenienti. Ma nella pratica s’è visto che esso si smuove dalla sua posizione durante i moti propri dell’atto, e quindi pur essendo comodo non è affatto sicuro).
Il pessario vaginale, come in uso oggi, è costituito da un sottile diaframma concavo di gomma, irrobustito all’orlo da un cerchio elastico di filo d’acciaio pure rivestito di gomma. Esso si inserisce obliquamente nella vagina, ove resta in certo modo incastrato tra due pieghe che lo fissano in posto, e costituisce una vera separazione del fondo dal canale. Al suo contorno, per maggiore sicurezza, si distribuisce un poco di gelatina spermicida: ed in queste condizioni si realizza la certezza della non fecondazione. La prima applicazione di questo pessario (che in Francia si chiama “capote hollandaise”, in Inghilterra “dutch cap”, in America “pessary”) va fatta da un medico. Occorre anzitutto scegliere la dimensione giusta: basti dire che si fabbrica correntemente in 23 grandezze diverse, da 50 fino a 105 millimetri di diametro (i tipi da 70 a 85 millimetri sono però i più comuni). Se il pessario è troppo piccolo, non sta fisso a posto e non fa il suo ufficio. Se è troppo grande, dà molestia sia alla donna che all’uomo durante l’atto, e può causare infiammazioni locali. Occorre che il medico stabilisca la dimensione adatta: e che poi insegni a metterlo in posto. Provato una volta così con l’ausilio del medico, ogni donna può poi metterlo e levarlo da sé. Il pessario, cosparso di gelatina lungo il contorno, vien messo a posto dalla donna prima dell’atto. Ma non è detto che debba essere messo subito prima. Molte donne anzi usano sistemarlo la sera, quando si preparano per la notte: insieme alla pulizia dei denti, insieme al lavarsi o al bagno, insieme al cambiarsi di biancheria, quest’altro atto diventa presto un’abitudine – finché si ha ragione di non voler un figlio. E la mattina dopo, o comunque non prima che siano passate 8 ore dall’atto, il pessario si toglie dal posto, si lava, e resta pronto per la sera successiva. Vi sono ben pochi casi in cui questo metodo non sia raccomandabile. Si intende però che, ad esempio, non si può usarlo con una donna appena sposata, che abbia ancora l’imene stretto o, comunque, sia estremamente sensibile e nervosa. Anche donne frigide alle ali riesca sgradevole ogni operazione sui loro organi sessuali possono avere ripugnanza iniziale all’uso del pessario, od anche una ripugnanza che persiste. Quando una donna è molto grassa ed ha dita corte, in modo che non riesce a raggiungere il fondo della sua vagina deve ovviamente contentarsi di un altro metodo. E così via: ma come si vede sono proprio casi d’eccezione. Per la media delle donne, questo metodo riesce rapidamente abituale, senza alcun inconveniente. Per atti ripetuti, basta tener presente che dopo tre o quattro ore la gelatina spermicida perde la sua capacità. Vi sono donne, ad esempio, che per la ripetizione mattutina dell’atto preferiscono rimuovere il pessario, lavarlo e magari lavarsi (per quanto questa lavanda non sia indispensabile, come si è già visto), e rimetterlo a posto. Con questo, liberandosi la vagina dei resti del fluido seminale dell’atto precedente, la donna si sente più a suo agio, ed all’uomo si evita quel senso di un eccesso di lubrificazione che talvolta diminuisce il piacere. Ma non è detto che questo procedimento sia indispensabile: se si preferisce, basta riapplicare un poco di gelatina quando sono passate alcune ore dal primo atto, e si resta ugualmente pronti per l’atto successivo.
La sicurezza
Quanto al grado di sicurezza che esso comporta basti dire che in una recente relazione, la Lega America per il Controllo delle nascite (“American Birth Control League”) segnala i risultati complessivi di 91 cliniche sparse in tutti gli Stati Uniti, in 13 delle quali non v’è stato alcun caso segnalato di insuccesso del metodo, mentre nelle altre 78 – le quali avevano servito più di 86000 donne – in media si è avuto il 96,6% di casi favorevoli. E nei casi di gravidanza è stato accertato che la vera causa non stava nel metodo ma o nella disattenzione della donna o dell’uomo, o in scrupoli religiosi, o in gravidanza preesistente all’uso del pessario, od altre ragioni simili. Solo per una metà per cento dei casi (cioè in tutto una donna ogni 200) l’inefficacia del metodo non aveva spiegazione. L’unico inconveniente, per noi in Italia, è che in pratica riesce assai difficile procurarsi un pessario vaginale. Per chi vive nelle grandi città la cosa è senz’altro possibile: basta andare dai negozi di strumenti chirurgici o da buoni farmacisti per trovarne. Ed in genere, essendo comunque necessaria la previa visita di un ostetrico perché determini il diametro del pessario adatto, l’ostetrico stesso potrà dare indicazioni per l’acquisto a chi vive nei centri maggiori. E per chi vive nelle cittadine di provincia, nei paesi, nei villaggi di campagna e di montagna – dovunque l’uso del pessario rimane impedito dall’impossibilità di procurarselo – consigliabile rimane sempre il tampone per la donna. Il preservativo per l’uomo, i due metodi che danno relativamente il margine maggiore di sicurezza con inconvenienti relativamente minimi. Il metodo di Ogino-Knaus offre una relativa sicurezza per le donne che hanno cicli mestruali regolari. È prudente però consigliarsi con un medico di fiducia.
Nota
1Istruzioni per la pratica del tampone secondo il Medical Subcommittee della “Family Planning Association” 69, Eccleston Sq. London S.W.L.
1 – Preparare il tampone: una spugna di gomma di circa 8 cm di diametro e circa 2 cm di spessore e con filo centrale; oppure una palla di cotone (non idrofilo) di circa 7 cm di diametro. Le misure sono indicative per la prima prova: trovare praticamente se occorre un tampone più grande o più piccolo.
2 – Preparare la soluzione spermicida per imbeverne il tampone: una parte di acqua ed una parte d’aceto (acqua calda) oppure 1 cucchiaio di acido lattico in 1 litro di acqua calda.
3 – Preparare la gelatina spermicida (da un farmacista): Acido lattico 1% , Acido borico 5 % , Glicerite d’amido 94%.
4 – Immergere il tampone nella soluzione 2 e spremerlo leggermente (non deve essere colante ma restare bene imbevuto).
5 – Spalmarlo attorno di gelatina 3.
6 – Infilare il tampone nella vagina e spingerlo fino al fondo, curando di non spremerlo. Verificare che sia al giusto posto, col dito spinto a fondo nella vagina: si deve sentire l’osso del fondo dalle sue parti, ma non si deve sentire la bocca dell’utero.
7 – Applicare col dito attorno al tampone a posto un altro poco di gelatina 3. Il tampone va messo in posto la sera prima di coricarsi. Si deve levare, non prima che siano passate da 8 a 12 ore dall’atto. Dopo tolto dal posto, il tampone si lava in acqua corrente (se di gomma) sino a che diventi completamente pulito. Se rimane vischioso, immergere per un’ora in una soluzione di 1 cucchiaio di ammoniaca in 1 litro d’acqua calda e poi sciacquare lungamente. Il tampone pulito va conservato avvolto in un fazzoletto di bucato.