Nella notte del 12 Gennaio, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno lanciato una massiccia offensiva sul territorio yemenita come risposta contro gli attacchi degli Houthi verso quelle navi mercantili israeliane – o dirette verso quello Stato – transitanti tra il Golfo di Aden e il Mar Rosso. Il comandante dell’aeronautica statunitense Alex Grinkiewicz ha riferito che sono stati colpiti più di 60 obiettivi militari in 16 località.
Diverse basi militari e campi d’aviazione degli Houthi sono finiti sotto il fuoco britannico-statunitense – compresa una base militare vicino all’aeroporto di Sanaa, capitale dello Yemen. Come riportato dalla CNN, un alto funzionario militare statunitense ha dichiarato che gli attacchi hanno distrutto una parte significativa delle strutture militari degli Houthi.
L’offensiva è stata condotta da aerei, navi e sottomarini; in totale sono stati utilizzati più di 100 munizioni di precisione, tra cui missili da crociera Tomahawk.
Dopo gli attacchi missilistici contro gli Houthi, il prezzo del greggio Brent è aumentato del 4,1%, arrivando a 78 dollari al barile. Secondo Saul Kavonich, analista del MST Marquee, un’eventuale interruzione delle forniture petrolifere presso lo stretto di Bāb el-Mandeb potrebbe “essere tre volte superiore a quello della crisi petrolifera degli anni Settanta e più del doppio di quello della guerra in Ucraina sui mercati del gas, con conseguenze sulle catene di approvvigionamento e sui livelli delle scorte già fragili.”
L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) stima che fino ad un quarto del traffico marittimo mondiale passi lungo questa rotta – equivalente a diversi miliardi di tonnellate di merci ogni anno-, mentre secondo la U.S. Energy Information Administration, in quella parte di mare passano circa 4,5 milioni di barili di petrolio al giorno (provenienti dai paesi del Golfo Persico e dell’Asia).
Gli attacchi degli Houthi, intensificatisi negli ultimi mesi, hanno spinto i maggiori trasportatori di merci in container via mare, tra cui il leader mondiale “Maersk”, ad abbandonare questa rotta e spostarsi nella circumnavigazione dell’Africa – trascorrendo dieci giorni in più rispetto a prima.
Secondo Jonathan Panikoff, ex ufficiale dell’intelligence statunitense e analista presso l’Atlantic Council Center, è improbabile che l’offensiva alle strutture militari degli Houthi porteranno ad una cessazione immediata degli attacchi alle navi mercantili.
Guerre tra capitalisti
Dall’inizio della strage in Palestina, gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO hanno ripreso vigore in Medio Oriente e parte del Mar Rosso.
Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che gli attacchi missilistici erano “difensivi” e “una risposta diretta agli attacchi senza precedenti degli Houthi,” mentre il portavoce della Casa Bianca, Kirby, ha detto che gli Stati Uniti non sono interessati “ad un conflitto con lo Yemen”.
La guerra trentennale che si combatte in Yemen ha visto la discesa in campo degli USA, Arabia Saudita e Regno Unito contro questi ribelli e, più in generale, contro la popolazione yemenita – compiendo innumerevoli stragi e distruzioni.
A livello globale, invece, gli attacchi in Yemen, insieme alla morte di Abu Taqwa al Said a Bagdad e i ripetuti scontri in Siria e Iraq tra truppe statunitensi e gruppi armati riforniti dall’Iran, si inseriscono in uno scontro sempre più alto tra gli alleati di USA-UE-NATO e quelli del duo Russia-Cina.
La strategia statunitense è quella di eliminare gli alleati militari dell’Iran in tutto il Medio Oriente e, de facto, isolandola da questo contesto geografico e spingendola a dipendere unicamente dalla Cina e Russia. Gli accordi presi ad Aprile tra Iran e Arabia Saudita dello scorso anno 1 probabilmente salteranno.
La dirigenza cinese, dal canto suo, ha invitato gli USA e il Regno Unito a rispettare la sovranità territoriale degli Stati che si affacciano tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden, mentre la Russia, invece, ha accusato Londra e Washington di aver violato la carta dell’ONU a seguito di questi attacchi in Yemen.
Il timore dei governi di Mosca e Pechino è la perdita dell’influenza politico-economico-militare in quella parte di mondo – a favore degli USA-NATO-UE. Ciò si traduce nel seguente modo: la Russia, dopo quasi due anni di guerra in Ucraina, si ritrova a dover commerciare sotto embargo con la Cina e i suoi alleati (Iran compresa); la Cina, invece, teme che una possibile escalation tra il Mar Rosso e il Golfo di Aden possa mettere in pericolo i suoi accordi commerciali ed economico-finanziari con l’Egitto di al-Sisi.
Appare chiaro come la guerra e la finta opposizione a quest’ultima da parte dei governi e dei loro alleati borghesi siano misure atte a riprodurre e rinnovare le condizioni materiali capitalistiche – tramite la distruzione (tramite stragi e genocidi) e lo sfruttamento di territori considerati geograficamente strategici (come il Mar Rosso-Golfo di Aden nel nostro caso).
Nel mondo della merce non c’è spazio per i sentimenti di pace e prosperità globali. Anzi. Solo una parte di questa popolazione potrà giovare di ciò. E quando questa verrà minacciata, come accade nel nostro caso, allora l’intervento sarà spietato e radicale.
Chi pagherà pegno di tutto questo stato di cose sarà quella popolazione umana che si sorbirà la propaganda mediatica e/o, nel peggiore dei casi, i proiettili e i missili di questa aberrazione sistemica statal-capitalistica.
Nota