Primo Maggio

Il lavoratore a giornata è colui che vive di un salario e non ha altri mezzi di sussistenza che la vendita del suo lavoro ora per ora, giorno per giorno, anno dopo anno. Il suo lavoro è tutta la sua proprietà: non possiede altro che la sua forza e le sue mani. Di quei sedici milioni di lavoratori a giornata solo nove milioni sono uomini; i restanti sono donne e bambini. Se calcoliamo ora che ogni famiglia si compone di cinque persone, quei nove milioni di operai rappresentano quarantacinque milioni di individui di tutta la nostra popolazione. Ebbene, tutta questa gente, che come già ho detto è quella che crea la ricchezza, dipende dalla classe abbiente, dai proprietari. Dunque, signori: io, in quanto lavoratore, ho esposto quelle che ritenevo giuste rivendicazioni della classe operaia, ho difeso il suo diritto alla libertà e a disporre del lavoro e dei frutti del lavoro come di dovere. […] La funzione del capitale si riduce attualmente nell’appropriarsi e nel confiscare per suo esclusivo utilizzo e suo beneficio il surplus del lavoro di coloro che producono tutta la ricchezza. Il capitale è il privilegio di alcuni e non può esistere senza una maggioranza il cui modo di vivere consiste nel vendere il proprio lavoro ai capitalisti. Il sistema capitalista è difeso dalla legge e, di fatto, la legge ed il capitale sono la stessa cosa. E che cos’è il lavoro? Il lavoro è un esercizio per il quale si paga un prezzo chiamato salario. Colui che opera, l’operaio, lo vende, per vivere, ai proprietari del capitale. Il lavoro è l’espressione dell’energia e del potere produttore. Questa energia e questo potere devono vendersi ad altra persona, e questa vendita consiste per l’operaio nell’unico mezzo di esistenza. L’unica cosa che possiede e che in realtà produce per sé è la giornata. Le sete, i palazzi, i gioielli, sono per altri. Ciò che avanza del suo lavoro non gli viene pagato, passa integro agli accaparratori del capitale. Questo è il vostro sistema capitalista!

–discorso di Albert Parsons durante il processo per i fatti di Haymarket Square (8 Ottobre 1886)

 

Lo sciopero di Chicago del Maggio 1886 – indetto per richiedere la giornata lavorativa di otto ore – e l’attentato seguito 3 giorni dopo da parte di un agente provocatore, portò ad una violenta repressione da parte delle forze istituzionali e capitalistiche dei tempi.

Dopo decenni di lotte e scioperi, la giornata del 1 Maggio passò da emblema della lotta contro lo Stato e il Capitale a momento pacifico e quiescente – fortemente voluto da borghesi, clero e politicanti vari.

Il dominio, quindi, ha trasformato questo momento storico e di lotta in un qualcosa atto a mantenere lo status quo corrente fatto di fantomatiche promesse economiche e presunta libertà di parola (dove dilagano i pacificatori di classe, i dispensatori di odio razziale, di genere e di specie e gli adoratori della morte militarista) e via dicendo.

L’abolizione dello sfruttamento e dell’appiattimento culturale e tutto quello che ne consegue è ,oggi giorno, un tabù per il dominio.

Questo perché l’economia capitalista si fonda su presunte crescite, vantaggi e progressi sulle spalle degli individui e su interi territori, oltre che sulla volontà di espandere, assorbire o distruggere-ricostruire – indipendentemente se vi è una crisi produttiva o speculazioni in atto.

Con tali modalità, i conflitti guerreggiati o, per meglio dire, gli scontri tra borghesie internazionali, sostenuti dai lacchè culturali di questo potere dominante (dal giornalismo mainstream al mondo accademico) sono la summa maxima della difesa ed espansione della produzione e distribuzione di beni creati, sotto sfruttamento e impoverimento, della classe lavoratrice – indipendentemente se sia fissa o precaria.

Ma la questione dello sfruttamento non viene più vista, a livello maggioritario sociale, nel cosiddetto Primo Mondo o mondo Statunitense-Europeo. I motivi sono i più disparati: dall’atomizzazione e precarizzazione del mondo lavorativo e conversione di gran parte del lavoro manuale in automatico al vivere in condizioni “umane” formato casa, cibo venduto dalle Distribuzioni Organizzate, accesso all’acqua potabile e all’energia elettrica.

La “cecità” viene accentuata dal potere dominante che rende questo benessere o “fortuna di vivere in una parte del mondo civilizzato” lecito, fino ad ergerlo come “diritto naturale” – quando, in realtà, la liceità e la natura in questo contesto non sono altro che azioni nefande ai danni di tuttu (persone sfruttate e consumatrici) e dei territori da dove vengono prodotti ed estratti tutta una serie di beni – e sempre a vantaggio dei pochi sfruttatori.

Oggi più che mai le parole di Parsons hanno un loro significato. Bisogna ribadire come il 1 Maggio non sia una data di mera commemorazione storica o annacquata dalla borghesia, dal clero e dai politicanti: deve essere un giorno di lotta per l’abolizione del lavoro capitalistico e contro tutte le forme di dominio esistenti.