L’Unione Europea e il capitalismo verde militare: materie prime e accordi commerciali per un estrattivismo neo-coloniale. I casi del Cile e del Mercosur – Seconda Parte

Prima Parte

1.1. Quadro teorico

Dopo il crollo del 2008, l’austerità è stata la via d’uscita intrapresa dall’Unione Europea con lo stesso copione che ha guidato le politiche neo-liberiste negli ultimi quarant’anni: flessibilizzazione del mercato del lavoro, privatizzazione dei servizi pubblici, mercificazione dei beni comuni, aumento delle imposte indirette, riduzione della pressione fiscale per i più ricchi, socializzazione delle perdite aziendali, riduzione della spesa sociale. Con il golpe finanziario in Grecia, la riforma dell’articolo 135 della Costituzione spagnola e i tagli ai bilanci della sanità e dell’istruzione, gli uomini in nero sono diventati gli esecutori del salvataggio delle élite politico-affaristiche. E il debito, come nelle precedenti crisi delle regioni periferiche, è diventato una forma di governo.1

Gli anni ‘10 del duemila hanno visto anche, nella vecchia Europa, il rovesciamento del sistema dei partiti e l’aumento delle manifestazioni sociali. Dal 15-M alla ribellione dei gilet gialli, in buona parte del continente si sono riprodotte le mobilitazioni contro le imposizioni delle istituzioni finanziarie.2 Attenuata – ma non risolta – l’instabilità politico-economica, i grandi poteri che operano nell’Unione Europea hanno preso in considerazione le crepe della loro strategia – specialmente per i futuri conflitti. Quando la pandemia è arrivata, le catene globali di valore si sono spezzate e l’economia mondiale è rallentata; la risposta delle potenze economico-finanziarie, almeno in un primo momento, è stata diversa rispetto al passato. In primo luogo, i tetti di spesa e le limitazioni ai deficit pubblici, che erano assolutamente intoccabili nel decennio precedente, sono stati tolti. Poi è arrivata la massiccia iniezione di fondi pubblici nel settore privato – attraverso sovvenzioni per il costo del lavoro o la disposizione di meccanismi statali atti a salvare l’economia. Poi sono stati rinviati i tagli sociali. Le istituzioni che ci governano hanno dimostrato di aver imparato dagli errori delle politiche di austerità. E si sono impegnate a comunicare le restrizioni in modo più sofisticato e meno frontale, garantendone l’applicazione differita.

Nel quadro della ricostruzione post-pandemica, lo Stato ha assunto un ruolo centrale nel supportare l’economia.3 Non si può dire che lo Stato sia tornato perché, in realtà, non se n’è mai andato; piuttosto, lo Stato ha riattivato l’economia insieme al capitale transnazionale e ha pilotato la transizione del modello produttivo verso nuove nicchie di business verdi e digitali. In un’inversione di rotta, le politiche monetarie espansive e l’indebitamento massiccio sono apparsi come i vettori chiave verso una via d’uscita neo-keynesiana dalla crisi – che prometteva di “non lasciare indietro nessuno.”

I fondi “Next Generation” erano stati l’elemento più caratteristico delle proposte per “uscire dalla crisi.”4 Nel caso spagnolo, 140 miliardi di euro erano stati mobilitati dal settore pubblico – con la condizionalità delle riforme strutturali che si configuravano, soprattutto, come una potente iniezione per i conti economici delle grandi imprese. Il cambio di modello era uno slogan: le stesse imprese che avevano guidato il capitalismo spagnolo dalla metà del secolo scorso, sempre più concentrate e centralizzate dopo le fusioni e l’ingresso di grandi fondi transnazionali nelle loro partecipazioni azionarie 5, erano diventate ora “i portabandiera” della presunta trasformazione e resilienza economica spagnola. Sembrerebbe che il neoliberismo sia fallito e stiamo assistendo, adesso, ad un ritorno della preminenza del potere politico su quello economico; in realtà gli Stati centrali hanno intrecciato i loro interessi con quelli delle grandi imprese. Nella prolungata crisi strutturale del capitalismo globale, gli apparati statali sono l’unica ancora di salvezza del capitale transnazionale. Lo Stato, oltre a rafforzare ulteriormente l’architettura giuridica dell’impunità, è diventato indispensabile e vitale affinchè l’intera impalcatura economico-finanziaria non crollasse.6 L’inflazione come forma di governo; l’aumento dei tassi di interesse come ennesimo salvataggio delle banche.

Mito e realtà

Pace, libertà e indipendenza energetica. Diritti umani, solidarietà ed energia pulita. Democrazia, diversità e protezione del clima. Gli slogan della campagna “You are EU” cercano di ridare lustro ai “valori europei”, proiettando l’immagine dell’Unione come attore attento alle questioni sociali e ambientali. Nel contesto di un conflitto militare – che ha messo a rischio la sicurezza delle risorse energetiche essenziali per il metabolismo economico dell’UE -, la Commissione europea cerca di legittimare e approfondire le dinamiche riguardanti la militarizzazione e securitizzazione. In uno Stato di eccezione permanente in cui i diritti collettivi sono soppiantati da un necro-capitalismo sempre più generalizzato, l’Unione Europea pretende di essere una bandiera della coesione sociale. E nel mezzo di un’emergenza climatica che avanza e di un’accelerazione della perdita di biodiversità, l’UE vuole giocare ancora una volta il jolly verde.7

Quattro miti sono alla base dell’attuale narrazione dell’Unione Europea. Affermati attorno ad un’identità condivisa e in contrasto con le altre potenze e blocchi regionali, i valori europei si articolano intorno alle idee di modernità, progresso e crescita.

Di fronte al mito che l’UE sia una garanzia di pace e coesione sociale, in realtà si sta favorendo un processo di ricomposizione capitalistica, basata sulla militarizzazione avanzata delle società europee. “Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra”, ha detto il Presidente del Consiglio europeo, indicando la linea da seguire: “Dobbiamo passare ad una “economia di guerra”. È giunto il momento di assumerci la responsabilità della nostra sicurezza.”8 L’economia di guerra non è più solo la metafora utilizzata ai tempi del Covid per giustificare l’intervento dello Stato nell’economia: ora opera in senso letterale.

Le nozioni di resilienza e democrazia consistono nel blindare la fortezza Europa e negare i diritti di cittadinanza a coloro che sono nati al di fuori dei confini dell’Unione. Nel necro-capitalismo, tutte le persone che non risultano funzionali alla logica dominante (ovvero generare ricchezza) sono lasciate o sono spinte alla morte.9 Allo stesso tempo, quella che è considerata la culla della democrazia e della civiltà occidentale, sta oggi promuovendo una chiusura autoritaria che limita il diritto di avere diritti e criminalizza il diritto alla protesta.10 Solo negli ultimi due anni, in Spagna, la piattaforma “Defender a Quien Defiende” ha registrato 1.184 violazioni di diritti legati all’esercizio della protesta sociale.11 Una sorta di Stato di eccezione permanente dove le dinamiche della crescita e dell’accumulazione prevalgono sui diritti umani. La tanto citata transizione verde e digitale – che per le istituzioni che ci governano non è tanto una transizione ecologica ma una transizione energetica guidata da criteri di mercato -, si basa su un’offensiva estrattivista neo-coloniale. Sotto l’ombrello degli accordi “win-win”, i grandi interessi europei si dispiegano grazie ai trattati di investimento che non significano affatto “libero scambio”; piuttosto, riproducono il classico modus operandi della globalizzazione capitalistica del progetto europeo originario.

Mentre ai Paesi vengono promessi, dopo la firma degli accordi, tutti i tipi di benefici sociali, lavorativi e ambientali, questi non solo verranno disattesi ma, alla fine, avranno numerosi impatti socio-ecologici non indifferenti. Imparando dai propri errori, l’UE sta promuovendo una via d’uscita dalla crisi apparentemente diversa da quella dell’ultimo decennio – con lo Stato come attore chiave e la non austerità come asso centrale. Ciò non significa che le controriforme abbiano smesso di essere promosse e il massiccio intervento statale per salvare le economie europee sia esente da condizionalità: le riforme del mercato del lavoro e delle pensioni, così come la riforma del quadro fiscale europeo approvato nel 2024, ne sono le prove.12

Ma i grandi poteri economico-finanziari, fino ad oggi, hanno cercato di caricare massicciamente i costi della crisi non tanto sulle spalle della maggioranza della popolazione quanto sui bilanci pubblici (attraverso il debito). La domanda che sovviene è: quanto a lungo potranno continuare a fare la seconda cosa senza toccare la prima?

Linee d’azione

Di fronte a questa congiuntura, l’UE sta cercando di rafforzare la propria posizione nel mondo attraverso tre principali linee d’azione: le politiche militari, migratorie e commerciali – ovvero pilastri che sono fondamentali fin dalle origini del progetto europeo. Esse sono particolarmente rilevanti nell’attuale contesto geopolitico. Per rilanciare con forza queste politiche, l’UE ha aggiornato le sue strategie di militarizzazione, controllo delle frontiere ed estrattivismo. E la narrazione per giustificare il riposizionamento globale dell’UE si basa su idee forti come l’autonomia strategica, la sicurezza e la sovranità.

La tripletta di pilastri, strategie e idee forti, così come disposta nel grafico precedente, ha una correlazione orizzontale e multi-direzionale. Le strategie si alimentano a vicenda e si giustificano discorsivamente sulla base di concetti polisemici – che attraversano le dimensioni economiche, sociali ed ecologiche della crisi. Il riposizionamento geopolitico dell’UE si articola attorno ad un insieme di strategie e strumenti che acquistano il loro pieno significato quando vengono utilizzati insieme.

1.2. Pilastri

La difesa, la migrazione e il commercio sono strettamente intrecciati nell’architettura politica e giuridica dell’UE. Basti vedere cosa è successo all’inizio del 2024 nel Mar Rosso con l’invio di navi da guerra – prima americane e britanniche, poi anche spagnole – per proteggere, al largo delle coste dello Yemen, i natanti da carico commerciali dagli attacchi degli Houthi. “Si tratta di commercio, prosperità e stabilità in tutto il Medio Oriente; in breve, della continuità dell’ordine multilaterale”, ha dichiarato Pedro Sánchez al Forum di Davos. Per sostenere i suoi interessi geo-strategici, l’UE ha ora aggiunto al suo tradizionale soft power, esercitato attraverso la diplomazia economica e i trattati commerciali e di investimento, l’hard power dell’intervento militare.13

I tre pilastri operano in modo coordinato e si rafforzano a vicenda. La militarizzazione è legata al controllo delle frontiere – attraverso strumenti come Frontex, il cui budget è aumentato del 55% tra il 2019 e il 2022. La deriva militarista è legata all’offensiva estrattivista: l’inclusione del titanio e dell’alluminio nell’elenco delle materie prime strategiche, risponde fondamentalmente alle pressioni delle lobby aeronautiche e armaiole.14 E il macro-programma di partenariato pubblico-privato “Global Gateway” combina l’asse commerciale e quello migratorio negli accordi già firmati – soprattutto con i Paesi africani.

Pilastro 1: Difesa

L’eccezionalità dell’invasione terreste e dei bombardamenti al confine orientale dell’UE ha portato l’opinione pubblica europea ad accettare, senza troppa riluttanza, sia l’invio di armi all’Ucraina che l’aumento dei bilanci della difesa. “Dato che la guerra della Russia contro l’Ucraina ha modificato la struttura della sicurezza europea, è richiesto che l’Unione Europea debba fare uno sforzo urgente per rafforzare la sua capacità di risposta nei termini imposti da un mondo ostile”, si legge nell’editoriale di El País del 3 Marzo 2024.15 Lo stesso giorno, il quotidiano apriva la prima pagina con il titolo “L’Europa si sta già preparando ad uno scenario di guerra.” E raccomandava che le proposte militariste, nel caso di contestazione popolare, dovevano essere “accompagnate da un intenso lavoro di spiegazione e di pedagogia politica di fronte ad una cittadinanza europea educata da diverse generazioni, e per fortuna, a scenari di pace.”16

Oltre a promuovere l’ideologia militarista, “dobbiamo passare dalla fabbricazione alla produzione di massa di armamenti”, ha detto il cancelliere tedesco Scholz.17 L’escalation bellica è in crescita: “L’Unione Europea deve potenziare la sua industria della difesa e deve farlo con una pianificazione a livello europeo. Questo darà il segnale all’industria degli armamenti – che deve aumentare la sua capacità produttiva”, insiste l’ex ministro degli esteri spagnolo.18 L’UE, da quando ha lanciato la sua prima missione esterna nel 2003 in Macedonia, ha condotto più di quaranta operazioni militari in Europa, Africa e Asia. Come ha documentato il “Transnational Institute”, queste missioni hanno poco a che fare con la promozione della pace, prosperità e sicurezza; sono essenzialmente dispiegate per difendere gli interessi europei – a spese delle popolazioni locali.19

Pilastro 2: Migrazione

La protezione della fortezza Europa è il secondo dei pilastri centrali nel riposizionamento geo-strategico dell’UE. In effetti, questo è stato uno degli elementi fondanti dell’Unione fin dalla sua nascita: i diritti di cittadinanza sono sempre stati concepiti da e per coloro che avevano la nazionalità europea. In un mondo assediato da molteplici crisi e con un orizzonte di (maggiore) competizione globale per le risorse naturali, il controllo delle frontiere e l’espulsione delle persone migranti appaiono ancora una volta – e anche a costo della distruzione dei diritti umani20 -, come proposte delle élite politico-economiche per garantire lo Stato sociale.

Grazie agli investimenti “Global Gateway” per la transizione verde e digitale e ad una maggiore cooperazione in materia di sicurezza regionale e migratoria, come Unione Europea siamo qui per stringere ulteriormente il partenariato con la Mauritania, ha dichiarato Ursula Von der Leyen, accompagnata da Pedro Sánchez, in una recente visita del Paese africano. Il pacchetto di 500 milioni di euro annunciato dai due leader europei a Nouakchott – 210 milioni di euro in aiuti diretti dell’UE, 300 milioni da parte dello Stato spagnolo e ripartiti in diversi strumenti finanziari a sostegno del settore privato -, ha come obiettivo principale il controllo della migrazione e l’internazionalizzazione delle attività delle aziende energetiche. La chiamano cooperazione e investimento quando invece è esternalizzazione (delle frontiere), estrazione (delle materie prime) e internazionalizzazione (delle grandi imprese spagnole).

Pilastro 3: Commercio

La terza tappa della ridefinizione geopolitica dell’UE si basa sul rafforzamento delle relazioni commerciali. “L’apertura internazionale è un pilastro fondamentale per l’Unione europea. Senza di essa, gran parte dei progressi economici e sociali compiuti finora sarebbero stati impossibili”, ha ripetuto Pedro Sánchez21 per giustificare la nuova ondata di investimenti e trattati commerciali – fissati come priorità dalla presidenza spagnola del Consiglio dell’UE. L’intenzione del governo spagnolo era quella di chiudere, entro la seconda metà del 2023, l’accordo con il Mercosur e firmare l’aggiornamento dei trattati con Cile e Messico – garantendo all’UE l’accesso alle materie prime cruciali e ai nuovi mercati verdi e digitali. “ Le nostre economie dipenderanno dal commercio internazionale a mano a mano che la transizione velocizzerà l’accesso ai fattori di produzione necessari per l’industria e l’apertura di nuovi mercati,” ha dichiarato Von der Leyen lo scorso anno a Davos. Come vedremo nella terza sezione del rapporto, una parte importante di questi obiettivi è stata raggiunta.

Il Parlamento europeo ha appena approvato l’uscita dal “Trattato sulla Carta dell’Energia” (TCE) perché non rispetta gli impegni dell’Accordo di Parigi.22 Allo stesso tempo, la Commissione sta spingendo per altri accordi simili e promuove nuove infrastrutture per il gas – con il pretesto dell’idrogeno verde – che contribuiranno a sconvolgere il clima. L’uscita dal TCE è indubbiamente una buona notizia; ma non ci sono molti dubbi sul fatto che bisognerebbe denunciare gli altri accordi commerciali in vigore – invece di dedicare tanti sforzi alle loro promozioni (nel secondo capitolo passeremo in rassegna tutti gli strumenti commerciali recentemente sviluppati dall’Unione). L’asimmetria normativa è il principio fondamentale della lex mercatoria: l’unica certezza del diritto che viene valorizzata è quella legata agli interessi delle grandi imprese.

 

Continua nella Terza Parte

 

Note

1David Graeber, “En deuda. Una historia alternativa de la economía”, Barcelona, Ariel, 2021.

2Per una caratterizzazione di entrambi i fenomeni, si veda ad esempio: Emmanuel Rodríguez, “La política en el ocaso de la clase media. El ciclo 15M-Podemos”, Madrid, Traficantes de Sueños, 2016; Stathis Kouvelakis, “La insurgencia francesa. La economía política de los ‘gilets jaunes’”, New Left Review, nº 116/117, 2019

3Erika González e Pedro Ramiro, “El Estado-empresa español en el capitalismo verde”, La Pública, nº 1, 2022. Link

4Sopra i fondi europei, si vedano: Nicola Scherer, Erika González e Nuria Blázquez, “Guía NextGenerationEU: más sombras que luces”, ODG, OMAL y Ecologistas en Acción, 2021; Erika González e Pedro Ramiro, “Análisis de los fondos Next Generation EU: objetivos, desarrollo e impactos sobre los ecosistemas y los derechos humanos,” OMAL, 2022.

5Pedro Ramiro, “El Ibex, hoy: entre los fondos de inversión y el recambio de élites”, in Dani Domínguez (coord.), “Ibex 35. Tres décadas marcando la agenda política de España y de tu bolsillo”, Madrid, La Marea, 2022.

6Sebastian Franco, Olivier Petitjean, Nicola Scherer, Erika González e David Felix, “Negocios por encima de las personas: un análisis crítico de la financiación pública ante la crisis”, ODG, Observatoire des multinationales, GRESEA y OMAL, 2024.

8Charles Michel, “Si queremos la paz, debemos prepararnos para la guerra”, El País, 19 Marzo 2024. Link.

9Juan Hernández Zubizarreta e Pedro Ramiro, “Salir del necrocapitalismo: los derechos humanos frente al poder corporativo”, Viento Sur, nº 102, 2022

10Juan Hernández Zubizarreta, Erika González e Pedro Ramiro, “Criminalización del derecho a la protesta: patrones, actores e instrumentos”, OMAL, 2022.

12Manu Robles-Arangiz Fundazioa, “Reforma del marco de gobernanza económica europeo: vuelven las políticas de austeridad”, Estudios, nº 47, 2023.

13“La battaglia del Mar Rosso è una contesa strategica di grande importanza”, sottolinea l’analista libanese Leila Ghanem: “In primo luogo, per il suo impatto sulla navigazione marittima e sui trasporti internazionali. Ma questa battaglia ne nasconde un’altra, più virulenta, sulle rotte commerciali terrestri e marittime che Cina e Stati Uniti si stanno furtivamente contendendo.”. Vedere: Gorka Castillo,“La contienda del mar Rojo esconde otra más virulenta: la disputa de las rutas comerciales de China y Estados Unidos”, entrevista a Leila Ghanem en CTXT, nº 304, enero de 2024.

14Olivier Petitjean e Lora Verheecke, “Blood on the Green Deal. How the EU is boosting the mining and defence industries in the name of climate action”, Corporate Europe Observatory (CEO) y Observatoire des Multinationals, 2023

15“La defensa de Europa ante la ciudadanía”, El País, 3 Marzo 2024. Link

16“Nessuna guerra è ingiusta per chi la promuove. Piuttosto, tutte trovano la loro giustificazione fin dall’inizio. Una guerra non è mai offensiva, ma difensiva”, scrive Josemi Lorenzo, “Guerras, las justas. Le ‘guerre giuste’ nella storia”, El Salto, 13 Febbraio 2024. Link

17“Scholz insta a la ‘producción en masa’ de armamento en Europa”, Deutsche Welle, 12 Febbraio 2024. Link

18Beatriz Navarro, “Europa debe fabricar más munición y más armamento”, entrevista a Arancha González Layaen La Vanguardia, 14 Febbraio 2024. Link

19Josephine Valeske, “Under the Radar. Twenty years of EU military missions”, Transnational Institute, 2024.

20Non dimentichiamo che in Spagna, negli ultimi ultimi cinque anni, sono morte 11.286 persone mentre cercavano di attraversare le frontiere. Caminando Fronteras, “Víctimas de la necrofrontera 2018-2022. Por la memoria y la justicia”, Dicembre 2022.

21“Pedro Sánchez: “Impulsar la Autonomía Estratégica Abierta será una de las prioridades de la presidencia española de la UE””, La Moncloa, 6 Febbraio 2023. Link

22Lucía Bárcena, Francesca Ricciardi e Cuca Hernández, “Victoria de los activistas climáticos: la UE sale delTratado de la Carta de la Energía”, El Salto, 30 Maggiode 2024. Link