L’Unione Europea e il capitalismo verde militare: materie prime e accordi commerciali per un estrattivismo neo-coloniale. I casi del Cile e del Mercosur – Prima Parte

 

Traduzione per conoscenza del documento “La Uniòn Europea y el capitalismo verde militar: materias primas y acuerdos comerciales para el extractivismo neocolonial. Los casos de Chile e Mercosur

Presentazione

Le pandemie e le guerre hanno fatto saltare le cuciture dell’Unione Europea. L’interruzione delle catene globali di valore e i tagli alle forniture energetiche e materiali hanno evidenziato le debolezze del metabolismo economico europeo. Tra le crescenti tensioni geopolitiche e l’accelerazione dell’emergenza climatica, l’UE si è rivelata una potenza in declino, una regione dipendente dalle risorse esterne e che solo con il salvataggio permanente dei suoi Stati membri può sostenere i profitti delle classi dirigenti. In questo quadro, la via d’uscita dalla crisi, intesa come fuga in avanti del capitalismo che gira sul proprio asse e rafforza i rapporti di sfruttamento e dominio, è l’intensificazione delle transazioni commerciali con altri territori.

Dopo la recessione causata dal Covid, la ripresa dell’economia, per prima cosa, si è articolata sulla base di una massiccia iniezione di fondi pubblici e di un riadattamento delle imprese alla transizione energetica e alla digitalizzazione. L’invasione dell’Ucraina e la guerra al confine orientale dell’UE hanno portato, successivamente, al rafforzamento del controllo dell’immigrazione e all’impegno di potenziare le politiche di difesa europea. Il capitalismo verde e digitale, modello di ripresa capitalistica post-pandemia, si è trasformato in capitalismo verde militare.1

Il rafforzamento della triade militarizzazione-frontiere-estrattivismo guida le politiche europee – le quali si dispiegano, a livello internazionale, attraverso un rinnovato pacchetto normativo dove l’UE cerca di riposizionarsi nella (dis)aggregazione globale. Oltre all’aumento dei bilanci militari, alla re-industrializzazione attraverso la produzione di armi e alla blindatura della “fortezza Europa” attraverso l’esternalizzazione delle frontiere, l’UE ha ridisegnato i suoi strumenti di soft power per proiettarsi a livello globale.

Le materie prime essenziali per lo sviluppo di auto elettriche, energie rinnovabili, batterie, dispositivi mobili e armamenti sono, per la maggior parte, distribuite in territori esterni all’UE. Così, nonostante l’accelerazione della crisi ecologica – dove l’emergenza climatica e la perdita della biodiversità sono i principali effetti di un modello basato sulla logica della crescita e dell’accumulazione -, le proposte del capitalismo verde passano attraverso il lancio di un’offensiva estrattivista – atta a schermare l’approvvigionamento di energia e materiali. Dando per scontato che l’unica via d’uscita economica sia quella di insistere sulla “crescita sostenibile” e sulla “competitività responsabile” – eufemismi aggiornati per dire “business as usual”2 -, l’Unione Europea ha dato priorità alla garanzia dei dividendi aziendali rispetto alla giustizia sociale e ambientale.

Come si è articolata la scommessa europea nel garantire l’accesso alle materie prime critiche?

Quali sono le principali strategie dell’UE nel proteggere il metabolismo economico europeo? Quali sono le idee principali che guidano il discorso del capitalismo verde militare? Quali sono i nuovi strumenti commerciali che l’UE ha promosso in modo da rafforzare la sua posizione globale? Che ruolo hanno i trattati di associazione e gli accordi dell’UE con il Cile e il Mercosur? Cosa ha a che fare la strategia del “Global Gateway” con tutto questo processo? Chi saranno i beneficiari di questo tentativo di ricomposizione capitalistica?

La presente relazione cerca di rispondere a queste domande. Partendo dalla proposta dell’area antiglobalizzazione, pace e solidarietà di “Ecologistas en Acción”, questo documento analizza l’attuale rinnovamento delle politiche commerciali dell’Unione Europea – in particolare il suo tentativo di sostenere il flusso di risorse minerarie. A tal fine, sono state prese in rassegna le normative europee promosse negli ultimi anni, attenzionando le linee guida militari, migratorie e commerciali. L’attenzione è stata posta soprattutto sulle linee guida commerciali, studiando i casi del Cile e del Mercosur come esempi di territori che concentrano, al loro interno, importanti riserve di materie prime – e, allo stesso tempo, sono oggetto di rinegoziazione delle regole commerciali e di investimento.

Il riposizionamento dell’UE nel mondo si basa su tre assi fondamentali.

In primo luogo, una dottrina di shock militare che aumenta i bilanci di guerra e riattiva l’industria degli armamenti.

In secondo luogo, un rafforzamento delle frontiere dell’Unione (esterne e interne) che nega il diritto alle persone migranti di vivere in Europa.

Infine, un’offensiva estrattivista neo-coloniale che, attraverso gli accordi commerciali, cerca di catturare, nei Paesi terzi, i minerali essenziali per l’UE – in modo che questa possa avanzare nella transizione ad un capitalismo verde e digitale.

Grazie ad una serie di strategie e idee forti (come mostrato nel primo capitolo del rapporto), i tre assi sono interconnessi e lavorano in modo coordinato.

Successivamente, la ricerca si concentra in modo specifico sul pilastro commerciale. Questo si articola su cinque linee guida fondamentali: rinnovare l’agenda commerciale, garantire l’accesso alle materie prime, potenziare gli accordi di investimento, sviluppare i partenariati pubblico-privato e promuovere l’autoregolamentazione delle imprese. Con questi obiettivi, negli ultimi anni sono state promosse una serie di strumenti che vanno dalla nuova agenda per il rafforzamento delle relazioni con l’America Latina e i Caraibi alla regolamentazione delle materie prime critiche, passando per il “Global Gateway” e la spinta ai trattati commerciali. Questo aspetto è analizzato nel secondo capitolo.

Il Cile e il Mercosur ospitano importanti riserve di minerali strategici (litio, rame, nichel e niobio). L’’UE spinge per rinegoziare i trattati commerciali e gli accordi di associazione strategici. Da un lato, il trattato UE-Cile ha completato il suo iter legislativo con l’approvazione, nel 2024, dell’accordo quadro di associazione, sviando la parte commerciale ed evitando così che questa passasse attraverso i parlamenti nazionali. Dall’altro, l’accordo dell’UE con il Mercosur, in fase di negoziazione da vent’anni e previsto per la fine del 2023, si è arenato sul versante europeo. Inoltre, l’UE ha firmato degli accordi sulle materie prime con il Cile e l’Argentina, promuovendo, allo stesso tempo, nuove attività commerciali (precisamente con le iniziative pubblico-private). Il terzo capitolo è dedicato allo studio di questa offensiva normativa, accompagnata da una serie di impatti socio-ecologici.

Infine, proponiamo una serie di misure per chiedere un cambiamento di rotta alle istituzioni che ci governano.

L’asimmetria normativa che presiede il capitalismo globale non è un principio inamovibile: le norme che compongono il diritto internazionale dei diritti umani devono essere riposizionate in cima alla gerarchia dell’ordine internazionale, al di sopra delle regole del commercio e degli investimenti. E i loro contenuti devono essere dotati di piena applicabilità e giustiziabilità. Pur essendo consapevoli che la strada da percorrere è piena di ostacoli, si tratta, in fondo, di avere la volontà politica di affrontare ciò.

1. Il riposizionamento dell’UE nel mondo

Accordo! Il Consiglio europeo ha realizzato le nostre priorità.” Al termine della prima riunione dei leader europei del 2024, il presidente della Commissione europea ha celebrato il consenso raggiunto sugli assi centrali su cui ruoterà l’agenda UE dei prossimi anni: “Sostenere l’Ucraina. Combattere la migrazione illegale. Sostenere la competitività europea.” Una versione aggiornata dei classici pilastri del progetto europeo – ora più che mai fortemente orientati al riposizionamento globale dell’UE stessa: difesa, migrazione, commercio.

Nel quadro della narrazione del capitalismo verde e digitale, le possibilità di intraprendere la tanto annunciata trasformazione del modello produttivo, nonché di accelerare la transizione energetica e di rispettare i piani di de-carbonizzazione (vedi Quadro 1), sono state sepolte sotto le bombe in Ucraina e Palestina. L’UE ha sempre cercato di proporsi come la versione amichevole della globalizzazione capitalista, con posizioni internazionali meno aggressive sulle questioni ambientali rispetto alle altre grandi potenze. Soprattutto, con una narrazione che ha insistito sulla sua dichiarata preoccupazione riguardo l’inclusione sociale, l’ambiente e i diritti umani internazionali. Ma questa immagine è in gran parte crollata negli ultimi tempi: il regime di guerra ha scavalcato il “Green New Deal”.3

 

Quadro 1. Segni distintivi della narrazione capitalistica verde e digitale 4

Senza ignorare che la costruzione della “fortezza Europa” si sia sempre basata sullo sfruttamento neo-coloniale, gli ideali e le azioni progressiste pluridecennali dell’UE non reggono più nemmeno sulla carta. Oltre a questo, il fallimento del green-washing5, la necessità di garantire l’approvvigionamento di gas naturale e minerali critici 6, il controllo delle frontiere e la deriva militarista – atta a difendere gli interessi dei grandi proprietari -, hanno dimostrato la liquidazione dei valori europei.

La presidenza spagnola del Consiglio dell’UE è stata un successo”, ha dichiarato Pedro Sánchez al termine del secondo semestre del 2023: “Abbiamo raggiunto degli accordi storici per far avanzare il progetto comune europeo.” La chiusura della presidenza spagnola è stata, infatti, molto importante nel certificare il riposizionamento strategico dell’Unione Europea. Questo ha comportato un’offensiva normativa su tutti i fronti: migrazione e asilo, materie prime, investimenti e commercio, controllo ed espansione delle frontiere, intelligenza artificiale, mercato dell’elettricità, norme fiscali… Un’offensiva normativa che ha riguardato, quindi, tutti i fronti tranne uno: nonostante i suoi appelli al rispetto del diritto internazionale, l’UE non ha intrapreso alcuna azione efficace per fermare il genocidio a Gaza. Questo ha dimostrato, ancora una volta, l’asimmetria normativa su cui si basa il progetto europeo: migliaia di norme e azioni rapide e incisive per proteggere gli interessi commerciali e appena qualche dichiarazione e nessuna misura concreta ed efficace per difendere i diritti umani. Tutti gli approcci ufficiali dell’UE, dalla trasformazione della matrice energetica al riordino delle relazioni internazionali, sono strutturati intorno allo stesso punto: la crescita economica. In questa nuova prosperità, come ha dichiarato il primo ministro spagnolo all’ultimo Forum di Davos, l’obiettivo è “combinare la crescita economica con la sostenibilità ambientale.” A tal fine, ha chiesto l’impegno delle grandi imprese, dalle big tech alle transnazionali dell’Ibex-35, in quanto “essenziali per la crescita e il benessere di un Paese”.7 Partendo dall’idea che “crescere entro i confini planetari è un imperativo morale e scientifico”, si mira a rendere “più prosperi, più sani e più competitivi gli abitanti dell’Europa.8

Il fatto è che i riferimenti di Pedro Sánchez sull’UE come “il tessuto produttivo più sostenibile che esista”, sono ripetuti per girare intorno al fatto che è proprio la sostenibilità del progetto europeo ad essere messa in discussione. A livello economico, a causa della stagnazione, dell’inflazione e dell’indebitamento.9 A livello sociale, per l’estensione delle disuguaglianze e dell’impoverimento. A livello ambientale, a causa del degrado degli ecosistemi e della necessità di continuare a saccheggiare altri territori – in modo da sostenere la logica dell’accumulazione.10

Il mito della de-materializzazione dell’economia si basa sull’esternalizzazione degli impatti socio-ecologici – precisamente, attraverso la delocalizzazione dei processi più inquinanti e ad alto consumo energetico e materiale.11 12 Con l’offensiva normativa dell’UE, al di là delle promesse che legano la crescita sostenibile alla transizione ecologica, si mira a garantire con ogni mezzo la sostenibilità del modello europeo. La decisione di raddoppiare la scommessa estrattivista e neo-coloniale è, in definitiva, uno dei tanti tentativi per ottenere una soluzione capitalista alla crisi multidimensionale. In tal modo, si garantiscono gli obiettivi commerciali senza tenere conto delle conseguenze per le persone e gli ecosistemi e, soprattutto, senza cambiare i meccanismi abituali di estrazione della ricchezza e i rapporti di proprietà.13

 

Continua nella Seconda Parte

 

Note

1In questo lavoro, i termini “capitalismo verde militare” e “capitalismo verde oliva” sono utilizzati in modo intercambiabile e definiscono l’attuale processo di ricomposizione capitalistica : la transizione energetica (verde) e il regime di guerra (militare). Non a caso il verde oliva è il colore che storicamente ha caratterizzato l’abbigliamento dell’esercito.

2Nota del Blog: si intende che le questioni economiche debbano andare avanti in modo immutato, sempre e nonostante tutto.

3Raúl Sánchez Cedillo, “Esta guerra no termina en Ucrania”, Pamplona, Katakrak, 2022.

4Per una caratterizzazione più ampia dei principali tratti distintivi della narrazione del capitalismo verde e digitale, si veda Gonzalo Fernández, Erika González, Juan Hernández y Pedro Ramiro, “Megaproyectos: claves de análisis y resistencia en el capitalismo verde y digital”, OMAL, 2022.

5Miriam Lang, Breno Bringel y Mary Ann Manahan (eds.), “Más allá del colonialismo verde: justicia global y geopolítica de las transiciones ecosociales”, Buenos Aires, CLACSO, 2023.

7“Pedro Sánchez llama a las empresas a mejorar el poder adquisitivo de los trabajadores y a defender la democracia”, La Moncloa, 17 Gennaio 2024. Link

8In occasione dell’ultima sessione plenaria pre-natalizia del Congreso spagnolo, Pedro Sánchez ha fatto il punto sui risultati ottenuti durante la presidenza spagnola del Consiglio dell’UE. Per maggiori informazioni si veda: Juan Hernández Zubizarreta y Pedro Ramiro, “¿Para qué ha servido la presidencia española de la UE?”, El Salto, 28 Gennaio 2024. Link

9Wolfgang Streeck, “¿Cómo terminará el capitalismo?”, Madrid, Traficantes de Sueños, 2017.

10Negli ultimi dieci anni si è sviluppata un’ampia bibliografia sull’insostenibilità del capitalismo derivante dalle sue stesse contraddizioni. Si vedano, tra le tante pubblicazioni, le seguenti opere: David Harvey, “Diecisiete contradicciones y el fin del capitalismo”, Madrid, Traficantes de Sueños, 2014; Ramón Fernández Durán y Luis González Reyes, “En la espiral de la energía”, Madrid, Libros en Acción y Baladre, 2014; Fernando Prats, Yayo Herrero y Alicia Torrego, “La gran encrucijada. Sobre la crisis ecosocial y el cambio de ciclo histórico”, Madrid, Libros en Acción, 2016; Corsino Vela, “Capitalismo terminal. Anotaciones a la sociedad implosiva”, Madrid, Traficantes de Sueños, 2018.

11Per una rassegna completa dei miti associati al modello globale di produzione e consumo e dei suoi effetti sistemici, si veda: Ecologistas en Acción, “Caminar sobre el abismo de los límites. Políticas ante la crisisecológica, social y económica”, 2019

12Nota del blog: vedere “Zero emissioni ma solo in casa propria” e “Circolazione e appropriazione delle merci”, rispettivamente nella Prima e Seconda parte di “Ipocrisie e nefandezze del colonialismo verde”.