Umanità Nova, n. 215, anno II, 25 Dicembre 1921, pag. 3
Firma: Simplicio (pseudonimo di Luigi Damiani)
Questa notte davanti ai presepi i ragazzi diranno il solito sermone…E, giustizia divina!, vi saranno presepi ricchi e presepi poveri…sermoni fatti di belle parole e sermoni rimati con sciocche cacofonie.
Poi si mangerà, dove molto, dove poco; poi si berranno, dove vini e liquori finissimi, ambrati e spumanti, dove orrende miscele alcoliche, colorate all’anilina, che bruciano lo stomaco e sconquassano il cervello.
E si giuocherà, si canterà, si ballerà anche. Perchè rinasce Gesù.
Tradizionali baldorie di famiglia alle quali s’innesta un pensiero di bontà (perché il dio che rinasce questa sera fu un dio di bontà).
E per un atto di perdono morì, così dicono, perdonando.
Poteva però non essere nato. Perchè, racconta Matteo, la concezione di Gesù avvenne in questo modo: sua madre, che era stata legalmente sposata da Giuseppe, prima di coricarsi con quell’uomo mansueto, si sentì gravida. E Giuseppe, suo sposo, accortosi di ciò, essendo un uomo giusto non voleva diffamarla. Decise di allontanarsi segretamente. Però mentre così andava tra se stesso risolvendo, si addormentò ed ecco che in sogno, gli apparve un angelo del Signore che gli disse: Giuseppe della discendenza di David, accogli senza ripugnanza nel tuo letto Maria, tua moglie: perché in essa si è generato un figlio per opera dello Spirito Santo. E quel figlio si chiamerà Gesù perché regnerà il suo popolo d’ogni peccato. Ora questo è avvenuto non per fare un torto a te, ma perché si avverassero le profezie. Era scritto!
Così detto, l’angelo volò via e Giuseppe si sveglio. Credeva egli nei sogni, o uomo giusto, in su cogli anni, dotato forse d’una amara esperienza della vita, si curvò ad un atto di pietà verso la povera ragazza ebrea rimasta vittima d’una burla atroce?
Sta il fatto ch’egli perdonò.
“E – dice Matteo, Cap. 1, vers. 25) – non conobbe sua moglie fino al giorno in cui essa non partorì il “SUO” primogenito…”
Se non avesse perdonato; se, seguendo il primo impulso, avesse ripudiata Maria, o se l’avesse, da marito feroce, accoltellata…forse la storia del mondo avrebbe preso un altro indirizzo…
Ma il cenone di Natale, niente paura ragazzi!, lo avremmo fatto lo stesso in omaggio del solstizio d’inverno. Per le pappatoie c’è sempre un dio. Ma non sarebbe stato un cenone infiorato di bontà…
Perchè il Natale è una festa tutta di cose dolci…dal torrone al sermone; dallo spumante allo scambio dei migliori auguri.
Le stesse sbornie di Natale sono sbornie famigliari: fanno venire i lucciconi agli occhi…e traboccare la tenerezza da tutti gli orifizi.
E se questa sera si darà di stomaco, si darà di stomaco in famiglia.
E non ne avverranno per questo né baccani, né litigi, si riderà sopra e se la sbornia l’ha presa la moglie, il marito amorevolmente la porterà sul letto anziché bastonarla.
Tutto per merito del Santo Natale.
C’è da scommettere che su Noè, l’esperienza del mosto l’avesse fatta la sera di Natale… Cam non avrebbe riso delle sue vergogne ed il continente africano sarebbe stato abitato da una razza bianca ed evoluta come quella discendenza di Jafet… e non dai beduini e dagli ottentotti che hanno insegnato a ricostruttori d’Italia come si danzano le fantasie di guerra.1
Perchè la baldoria natalizia è essenzialmente condita, oltreché di spezie piccanti, di sentimentalismo umanitario.
Per una sera, nel corso di un anno, si può essere buoni e compatirsi a vicenda nel nome di colui che fu perdonato nel ventre di sua madre da un uomo giusto e per questo cornuto.
Poi domani…
Ma lasciamo andare questo – domani porco e fascista – che ci avvelenerà quotidianamente l’esistenza. Curviamoci invece alla tradizione che oggi, anzi questa sera ci regala un’agape fraterno…
Siamo buoni e mangiamo in pace e beviamo in pace. E sorridiamo…in casa, in famiglia.
Anche perché se non ci fosse il santo Natale molta gente non si ricorderebbe di avere una famiglia…
Pure tanti…e tante, questa sera, si guarderanno attorno ed attorno a sé stessi non troveranno che il vuoto…Pensate alle prostitute, pensate ai carcerati, pensate ai reietti, ai vagabondi; a chi è tanto povero per non poter pagar la cena ad uno più povero di lui; pensate a quelli che sono scesi tanto in basso…da trovarsi isolati nell’abisso dello sconforto.
Per tutta questa gente, Cristo, evidentemente, si è incarnato invano, invano per essi tutti; Giuseppe perdonò la donna che sotto il velo della verginità nascondeva un ventre già fecondato dal polline della specie.
Ma noi questa sera saremo buoni e non diremo che quella gente che d’un tratto si è trovata smarrita nel deserto della vita, espia le colpe… di tutti…
Non diremo nulla. La ignoreremo. La ignoreremo perché la nostra felicità non deve essere appannata da pensieri di angustia; perché sul convivo della bontà non si sfaldi e fiocchi la neve della disperazione. E mangeremo e berremo chi più, chi meno; e sentiremo, e ricorderemo, i sermoni con il pargoletto che ci sorride con le braccine aperte, i sermoni dolcissimi che non dimenticano né il mite e pensoso bue, né l’asino testardo nella penitenza del bastio…
Ed il chiasso che faremo c’impedirà di sentire i gemiti e i brontolii della gente che sta in fondo negli abissi tenebrosi, o su nelle soffitte che il vento squassa.
Ed attraverso i vetri appannati dagli aliti caldi non vedremo passare ombre di donne il di cui carminio s’è scolorito portato via dalle lacrime; non vedremo la processione dei solitari, curvati sotto la loro croce; gli uomini senza casa il di cui sguardo spento scompare dentro le larghe occhiaie violacee…
E se il vento ci porterà qualche fiato, da lontano; l’eco di una canzone appena cantata dietro le sbarre di un carcere…;un singulto, una bestemmia, una minaccia, noi raddoppieremo il chiasso perché la festa non venga turbata da voci importune, dalle voci che vengono dalla notte che è molto buia anche se notte di Natale.
Perchè noi siamo buoni, cioè, questa sera saremo buoni.
Del resto come sempre; salvo un pizzico di più di sentimentalismo e mezza libbra di ipocrisia spalmata sul pane.
Santo Natale a tutti.
Amen!
Nota dellu redattoru
1Il riferimento allegorico di Damiani riguarda gli ascari eritrei (ottentotti) e gli alleati libici (beduini) – i quali si prodigarono, insieme alle autorità italiane, nel controllare e reprimere il dissenso in quei territori -, le cui modalità e cosiddette “fantasie di guerra” vennero accettate e/o adottate dalle truppe coloniali italiane e, successivamente, dal movimento fascista di Mussolini e i suoi.