La distruzione della centrale idroelettrica di Kakhovskaya in Ucraina: la più grande catastrofe ecologica

Traduzione dell’articolo “Разрушение Каховской ГЭС в Украине — крупнейшая экологическая катастрофа

Per maggiori approfondimenti vedere “Sulla distruzione dell’Impianto idroelettrico di Kakhovskaya, Ucraina

Cosa sta accadendo nell’ex bacino idrico? E come può essere salvato?

Un anno fa, il 6 Giugno 2023, la diga della centrale idroelettrica di Kakhovskaya, nella regione di Kherson, è saltata in aria. Secondo gli esperti, la causa più probabile del disastro è stata un’esplosione avvenuta all’interno dell’impianto. Le autorità ucraine e russe si sono accusate a vicenda dell’incidente. L’esplosione ha provocato morte e distruzione di decine di insediamenti umani e un disastro ecologico [senza eguali] – inquinamento e desalinizzazione del Mar Nero, estinzione di intere specie animali e destabilizzazione degli ecosistemi.

In occasione dell’anniversario della tragedia, insieme a Oleksiy Vasilyuk, ecologista e presidente della “Società ucraina per la conservazione della natura”, discuteremo:

-Quali timori ecologici sono stati confermati e quali no?

-Come mai il fondo dell’ex bacino idrico si è trasformato in una fitta foresta?

-Perché il disastro di Kakhovskaya riguarda tutti?

-L’ecocidio sarà riconosciuto, a livello legale, come crimine internazionale? E come influenzerà il futuro dell’Ucraina?

Dopo un anno, cosa sappiamo delle conseguenze causate dall’esplosione?

È stata una forza più distruttiva della semplice acqua. Il flusso ha trascinato dietro di sé limo, terra, alberi e resti di case. Il territorio non è stato inondato ma, semplicemente, spazzata via.” Così l’ecologista ucraino Oleksiy Vasilyuk descrive la distruzione causata dalla centrale idroelettrica. La catastrofe ha colpito non soltanto la zona inondata – dove si sono registrate le conseguenze critiche e immediate [post-esplosione] – ma anche il Mar Nero.

Cosa è accaduto nella zona inondata

Secondo le autorità di occupazione della regione di Kherson, 60 persone sono morte a causa della rottura della diga. L’Associated Press definisce questa cifra deliberatamente sottostimata e scrive, invece, che vi sono state centinaia di morti.

Più di 620 chilometri quadrati di territorio sono stati inondati; almeno 11 mila edifici sono stati completamente sommersi. La maggior parte dell’area colpita era costituita da aree naturali protette – l’inondazione ha colpito 59 di esse.

Le conseguenze per piante e animali sono difficili da quantificare – in quanto buona parte del territorio alluvionato è occupato dalle truppe militari oppure è una zona di guerra. Ma l’esplosione della diga è avvenuta durante la stagione riproduttiva: intere generazioni di animali e microrganismi, importanti per la vita stessa del suolo, sono stati uccisi. Oleksiy Vasilyuk e i suoi colleghi ritengono che due rare specie di insetti e il lucioperca siano completamente estinti.

Forse a qualcuno non interessa che le formiche si siano estinte nella zona dell’alluvione: sono formiche, mordono, ed è meglio così”, commenta Vasilyuk. “Ma in realtà”, continua, sono importanti anche per gli esseri umani: la perdita di qualsiasi specie rende il pianeta meno stabile.”

Come il disastro della centrale idroelettrica sta inquinando il Mar Nero

Il rilascio di grandi quantità di acqua dolce nel mare ha causato un inquinamento marcato (fatto di rifiuti e sostanze tossiche) e una desalinizzazione accentuata. Così, nel Golfo di Odessa la salinità dell’acqua è diminuita di oltre tre volte. Per questo motivo, alcuni organismi marini che non sono adattati all’acqua dolce sono morti.

Nel Mar Nero, a causa dello strato di idrogeno solforato, c’è vita solo nelle acque poco profonde e/o vicine alla superficie. E la parte principale del Mar Nero poco profondo è solo un piccolo pezzo corrispondente alla foce del Dnieper a Odessa. Il flusso di acqua dolce contaminata si è riversata in questo luogo dove si riproducono le varie specie marine”, spiega Oleksiy Vasilyuk.

Subito dopo l’esplosione della centrale idroelettrica di Kakhovskaya, si prevedeva che, a causa del calore, l’acqua dolce contaminata e affluita in mare potesse innescare una massiccia fioritura algale. E così è successo; ma la fioritura ha avuto conseguenze positive. La crescita intensiva delle alghe potrebbe accelerare il processo di pulizia del mare dagli inquinanti organici, afferma Galina Minicheva, direttrice dell’Istituto di biologia marina dell’ “Accademia nazionale delle scienze dell’Ucraina”. Non ci sono dati precisi sulla concentrazione di metalli pesanti – come l’arsenico, i composti cancerogeni del cloro, il rame e lo zinco – nell’acqua; [ma questi] possono accumularsi nei tessuti degli organismi marini. Con la guerra in corso, è impossibile catturarli ed effettuare degli studi su larga scala.

Come la catastrofe ha prosciugato il bacino idrico

Il prosciugamento del bacino idrico ha ucciso circa 11 tonnellate di pesci, invertebrati e zooplancton. Gran parte dei sistemi di irrigazione nelle regioni di Kherson, Zaporozhye e Dnieper sono rimasti senz’acqua. Solo nella parte della regione di Kherson, controllata dagli ucraini, i danni alle colture, dovuta alla mancata irrigazione, sono stati di tre miliardi di grivne ucraine (circa 68 milioni di euro, ndt).

Allo stesso tempo, non sono state confermate quelle previsioni dove il prosciugamento del bacino idrico avrebbe portato alla completa desertificazione del territorio e alle tempeste di polvere – causate dal limo secco e dai rifiuti lasciati sul fondo. “Questo non è successo perché in quel periodo i pioppi e i salici stavano lasciando cadere i propri semi – i quali avrebbero riempito l’intera superficie del bacino”. Anche i timori che il lago artificiale asciutto si riempisse di specie vegetali non era giustificato: tra la seconda metà dell’estate e l’inizio dell’autunno, i semi delle erbe infestanti autoctone erano maturati ma i pioppi e i salici avevano già preso il loro posto.

Cosa succederà all’ex bacino idrico?

Il suo fondo è ora ricoperto da una fitta foresta – 60 alberi per metro quadro. Mentre alla fine dell’Ottobre 2023 l’albero più alto raggiungeva i 3,2 metri, alla fine di Maggio di quest’anno era già alto 4,2 metri. “Nessun biologo sano di mente avrebbe mai detto che, nel giro di un anno, un piccolo seme di pioppo si sarebbe trasformato in un albero alto quattro metri. Non sto assolutamente insinuando che gli attacchi terroristici siano una buona cosa. Ma siamo fortunati grazie alle capacità di ripresa della natura”, sostiene Vasilyuk.

Tra questi fattori, l’ecologista ucraino menziona la quantità di semi che hanno colonizzato l’intero bacino e le radici degli alberi che hanno raggiunto, attraverso le fessure del fango essiccato, le acque sotterranee. Ora hanno condizioni più favorevoli per la crescita. Si stima, inoltre, che a partire dal Novembre 2023, il 12% dell’area si sia riempito d’acqua.

Tuttavia ci sono ancora pochi animali. Secondo Vasilyuk, più specie vegetali sorgeranno, maggiore sarà la possibilità di creare delle condizioni adatte agli animali – dagli organismi del suolo agli insetti, fino ai grandi vertebrati. La rapida crescita degli alberi permette agli ecologisti di parlare della rinascita del “Grande Prato”, un’area densamente boscosa che faceva parte del Sič di Zaporižžja nel XVI-XVII secolo e inondata dal bacino di Kakhovskaya a partire dagli anni Cinquanta. “Abbiamo assistito ad un incredibile ritorno della natura”, ha commentato Vasilyuk. “Bisogna difenderla e far sì che in futuro rimanga in questo modo.

Nel Luglio 2023, il Consiglio dei Ministri dell’Ucraina ha approvato un piano per il ripristino della centrale idroelettrica di Kakhovskaya. Nel Marzo 2024, invece, ha permesso l’uso dei terreni del bacino idrico soltanto per il suo ripristino durante e dopo la legge marziale [(attualmente in vigore)]. Anche le autorità di occupazione dell’oblast’ di Zaporizhzhya hanno favorito il ripristino della centrale idroelettrica: il governatore di nomina russa della parte occupata dell’oblast’ di Kherson ha dichiarato che era più importante ripristinare il bacino e non l’intero complesso di impianti.

I sostenitori del nuovo bacino affermano che senza di esso, la produzione e l’agricoltura, dipendente dai sistemi di irrigazione, ne risentirà. Tuttavia, la “Società ucraina per la conservazione della natura” insiste sul fatto che l’acqua del Dnieper sarà sufficiente per le esigenze agricole. Inoltre, sottolineano che le terre irrigate sono attualmente oggetto di contesa; questo significa che non si sa quanto saranno adatte all’agricoltura in futuro. Gli ambientalisti non vedono nemmeno la fattibilità energetica della centrale idroelettrica – il volume elettrico prodotto dalla centrale di Kakhovskaya era del 5-7% di tutta l’energia nazionale ucraina.

Secondo gli ambientalisti, la ricostruzione dell’impianto costerà non poco all’Ucraina. Allo stesso tempo, secondo Oleksiy Vasilyuk, il ripristino del “Grande Prato” non richiede grandi investimenti finanziari: è sufficiente organizzare dei rilasci temporanei di acqua dai bacini fino al Dnieper – simulando, quindi, delle inondazioni. La “Società ucraina per la conservazione della natura” vede nel progetto del “Grande Prato” anche dei vantaggi a livello internazionale: l’area potrebbe diventare un sito di ricerca per il recupero degli ecosistemi naturali e il ritorno degli animali che precedentemente abitavano l’area.

Dopo l’esplosione della centrale idroelettrica di Kakhovskaya, gli esperti hanno iniziato a parlare di ecocidio, ovvero la distruzione di massa della natura. Se verrà riconosciuto come crimine a livello internazionale, quali saranno le conseguenze per l’Ucraina?

Nessuno ha mai distrutto così tanta vita sul territorio ucraino con una singola azione. Certo, se il termine “ecocidio” fosse stato di uso comune nelle guerre del passato, avrebbe descritto perfettamente tutto ciò che stava accadendo allora. Ma ai tempi non esisteva un simile concetto. Ecco perché “ecocidio”, come termine legale, sarà associato ai problemi dell’Ucraina”, afferma Oleksiy Vasilyuk.

Dopo il disastro della centrale idroelettrica, nel Febbraio 2024, l’UE è diventata il primo organismo internazionale a criminalizzare i reati ambientali “paragonabili all’ecocidio.” Al momento lo Statuto di Roma criminalizza la distruzione intenzionale dell’ambiente naturale durante la guerra 1; ma gli attivisti hanno chiesto che il termine “ecocidio” diventi un articolo a pieno titolo nel codice penale internazionale – al pari di “genocidio” e “crimini di guerra.”

Sebbene l’ “ecocidio” non sia riconosciuto come reato autonomo nello Statuto di Roma, gli organismi internazionali hanno già ritenuto alcuni Paesi responsabili di danni intenzionali alla natura. Nel 1991, gli Stati del Golfo hanno intentato una causa collettiva contro l’Iraq per una fuoriuscita di petrolio nelle loro acque; l’ONU, quindi, ha creato una commissione speciale sul caso. A seguito del suo lavoro, l’ONU ha versato circa 52 miliardi di dollari ai Paesi colpiti; essi li hanno ricevuti dall’esportazione del petrolio e dei prodotti petroliferi iracheni.

Secondo l’organizzazione ucraina “Ambiente. Persone. Diritto”, l’Ucraina può anche chiedere alle Nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza di istituire un fondo speciale per il risarcimento dei danni ambientali [causati dalla guerra]. L’introduzione dell’articolo “ecocidio” nello Statuto di Roma potrebbe accelerare questo processo.

Oleksiy Vasilyuk ritiene che l’ecocidio possa essere riconosciuto come crimine internazionale. A suo avviso, questo è indicato, ad esempio, nella legge recentemente adottata dal Parlamento europeo sul ripristino della natura. Essa “fissa l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle zone terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi entro il 2050.”2

Si vede che i Paesi sviluppati si rendono conto della portata dei problemi ambientali e si sforzano nel migliorare la situazione”, ha commentato l’ecologista. “Inoltre, il diritto ad un ambiente sicuro fa parte dei diritti umani. Non si possono violare e separare i diritti ambientali: i cambiamenti climatici e i disastri ecologici riguardano tutti.”

Allo stesso tempo, Vasilyuk non crede che i risarcimenti e le riparazioni possano compensare i danni ambientali: “Si può costruire una nuova città su un territorio ucraino non inquinato e non minato; ma il luogo dove si trovava prima rimarrà inaccessibile per secoli. Non sarà sicuro coltivare cibo. Nessuna somma di denaro aiuterà a ripristinare le foreste bruciate – piantate alla fine dell’Ottocento o, nel migliore dei casi, negli anni Trenta, quando il clima era completamente diverso”. L’ecologista sottolinea che non esistono dei calcoli precisi sulla maggior parte delle perdite ambientali – e le stime previste dalla legge sono infinitamente piccole rispetto ai danni reali. Nel Giugno 2023, i danni ambientali stimati dal governo ucraino sono stati di 55 miliardi di grivne ucraine (pari a circa 1,2 miliardi di euro, ndt). Ma si tratta solo di stime provvisorie.

Pertanto, Vasilyuk propone di concentrarsi non sulle riparazioni ma sulle decisioni che verranno prese dopo la guerra: “Come controllare che la gioia della vittoria e della ricostruzione non sia seguita dall’estrazione di massa di materiali per l’edilizia? Come sminare correttamente i territori? Io penso che questa sia la sfera [di interesse] con cui possiamo davvero influenzare la nuova realtà.”

 

Note del Blog

1lanciare deliberatamente attacchi nella consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, e lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all’ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all’insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti”, Articolo 8, comma 2, parte b, n. IV. Link: https://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/romastat.pdf

2Per un analisi critica su questo ennesimo fumo agli occhi delle potenze finanziarie ed economiche globali, vedasi le quattro parti di “Ipocrisie e nefandezze del colonialismo verde”. Link: https://ieneanarchiche.noblogs.org/post/2024/07/01/ipocrisie-e-nefandezze-del-colonialismo-verde-prima-parte/