L’accordo per il gasdotto Russia-Cina si blocca per le richieste di prezzo di Pechino

Traduzione dall’originale “Russia-China gas pipeline deal stalls over Beijing’s price demands

Secondo quanto riferito da tre fonti che hanno familiarità con la questione, si sono arenati i tentativi della Russia di concludere un importante accordo per un gasdotto con la Cina. La causa, secondo Mosca, è da ricercarsi nelle irragionevoli richieste di Pechino sui prezzi e sui livelli di fornitura. La dura posizione di Pechino sul gasdotto “Power of Siberia 2” sottolinea come l’invasione russa dell’Ucraina abbia reso sempre piùdipendente, a livello economico, il presidente Vladimir Putin dal leader cinese Xi Jinping.

Le fonti hanno detto che la Cina aveva richiesto di pagare una cifra vicina ai prezzi nazionali russi – [attualmente] sovvenzionati dallo Stato russo -, impegnandosi ad acquistare solo una piccola frazione della capacità annuale prevista del gasdotto – pari a 50 miliardi di metri cubi di gas.

L’approvazione del gasdotto trasformerebbe le disgraziate sorti di Gazprom, ente monopolistico statale russo riguardante le esportazioni di gas, collegando il mercato cinese ai giacimenti di gas della Russia occidentale – che un tempo rifornivano l’Europa.

L’anno scorso Gazprom ha perso 629 miliardi di rubli russi (pari a 6,9 miliardi di dollari), la più grande perdita in un quarto di secolo, causata dal crollo delle vendite di gas all’Europa – e dove quest’ultima ha avuto più successo del previsto grazie alla diversificazione dall’energia russa.

Mentre la Russia ha ribadito di essere fiduciosa sull’accordo “Power of Siberia 2” “per il prossimo futuro”, due delle tre fonti hanno affermato che l’impasse era il motivo per cui Alexei Miller, amministratore delegato di Gazprom, non si era unito il mese scorso con Putin durante la visita di Stato del leader russo a Pechino.

Miller, che era andato in Iran, sarebbe stato essenziale per qualsiasi negoziato serio con la Cina e la sua assenza era stata “altamente simbolica” – ha dichiarato Tatiana Mitrova, ricercatrice presso il Center on Global Energy Policy (CGEP) della Columbia University.

Secondo le fonti, l’accordo sul gasdotto è stata una delle tre principali richieste che Putin ha fatto a Xi durante l’incontro – insieme ad un aumento delle attività bancarie cinesi in Russia e il rifiuto cinese su una conferenza di pace organizzata dall’Ucraina questo mese.

Venerdì (31 Maggio, ndt) la Cina ha annunciato che avrebbe saltato il vertice ucraino in Svizzera. Due delle tre fonti hanno dichiarato che Pechino e Mosca stavano discutendo sulla chiusura di una o più banche che avrebbero finanziato il commercio di componenti per l’industria bellica russa – con il rischio di incorrere in sanzioni statunitensi ed esclusione di questi istituti economici dal sistema finanziario globale.

Un accordo sul gasdotto, tuttavia, rimane lontano, mentre la cooperazione proposta con le banche cinesi rimane su una scala molto più piccola di quella richiesta dalla Russia – hanno aggiunto le fonti. Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha dichiarato che Russia e Cina sono ancora in trattativa sul gasdotto. Questo lunedì il portavoce ha detto ai giornalisti:

È assolutamente normale che ciascuna parte difenda i propri interessi. I negoziati continueranno, perché i leader di entrambi i Paesi hanno la volontà politica di farlo, e le questioni commerciali continueranno ad essere elaborate. Non abbiamo dubbi che tutti gli accordi necessari saranno realizzati […] Per quanto riguarda gli aspetti dei negoziati commerciali in corso, ovviamente, non sono pubblici.

Gazprom ha rifiutato di commentare.

Secondo Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center di Berlino, il fallimento della Russia nell’ottenere l’accordo sottolinea come la guerra in Ucraina abbia reso la Cina il partner principale nelle relazioni tra i due Paesi.

La Cina potrebbe avere bisogno del gas russo in modo strategico, come fonte sicura di approvvigionamento non basata su rotte marittime – le quali sarebbero interessate nei conflitti marittimi intorno a Taiwan o nel Mar Cinese Meridionale”, ha detto Gabuev. “Ma per far sì che questo accordo abbia valore, la Cina ha bisogno di un prezzo molto basso e di obblighi flessibili”.

Secondo un documento pubblicato a Maggio dal CGEP della Columbia, la domanda cinese di gas importato dovrebbe raggiungere i 250 miliardi di metri cubi entro il 2030, rispetto ai nemmeno 170 miliardi di metri cubi del 2023.

Secondo tale documento, il livello di domanda del 2030 potrebbe essere ancora soddisfatto, in gran parte o interamente, attraverso i contratti esistenti per la fornitura di gasdotti e di gas naturale liquefatto. Tuttavia, entro il 2040, il divario tra la domanda di importazioni della Cina e gli impegni esistenti raggiungerebbe i 150 miliardi di metri cubi.

Secondo Gabuev, la mancanza di un percorso alternativo via terra per le esportazioni di gas della Russia porterà Gazprom ad accettare probabilmente le condizioni della Cina.

La Cina crede che il tempo sia dalla sua parte. Può aspettare per ottenere le migliori condizioni dai russi e, soprattutto, attendere che l’attenzione sulle relazioni Cina-Russia si sposti altrove”, ha detto. “Il gasdotto può essere costruito piuttosto rapidamente in quanto i giacimenti di gas sono già sviluppati. In definitiva, i russi non hanno altre opzioni per commercializzare questo gas”.

Prima della guerra in Ucraina, Gazprom si affidava ai guadagni ottenuti dalla vendita del gas all’Europa – sovvenzionando così il mercato interno russo. Sulla base dei dati doganali del 2019-21, i ricercatori del CGEP hanno calcolato che la Cina paga il gas alla Russia in forma minore rispetto agli altri fornitori – con un prezzo medio di 4,4 dollari per milione di unità termica britannica (BTU) rispetto ai 10 dollari del Myanmar e ai 5 dollari dell’Uzbekistan.

Secondo i dati pubblicati dalla banca centrale russa, negli stessi anni [presi in esame dal CGEP], la Russia ha esportato gas in Europa per circa 10 dollari per milione di BTU. Le esportazioni di Gazprom verso l’Europa sono scese a 22 miliardi di metri cubi nel 2023 – quando la media era di 230 miliardi di metri cubi all’anno nel decennio precedente alla guerra in Ucraina. È probabile che alla fine di quest’anno si riducano ulteriormente – una volta scaduto l’accordo di trasbordo con l’Ucraina.

Il mancato accordo su un aumento delle forniture alla Cina sarebbe un ulteriore duro colpo. Un rapporto inedito di un’importante banca russa, visionato dal Financial Times, ha recentemente escluso “Power of Siberia 2” dalle sue previsioni di base per Gazprom. Ciò ha ridotto di quasi il 15% il profitto previsto dalla società per il 2029 – anno in cui la banca prevedeva l’avvio del progetto.

 

Appendice sintetica sulla questione

Secondo quanto riportato in questa mappa (fig. 1), Chim Lee, analista senior presso l’Economist Intelligence Unit, scrive come il commercio sino-russo sia cresciuto ma non in modo paritario e a vantaggio della Cina – ma sempre col timore di nuove sanzioni americane verso la Russia. Da qui si comprende come la Cina sia più interessata maggiormente alla “pacificata” (e controllabile, aggiungiamo) Asia Centrale rispetto ad un territorio attualmente in guerra – e potenzialmente oggetto di sanzioni internazionali e bombardamenti da parte dell’Ucraina.

Fig. 1 “La Russia lotta per esportare più gas in Cina”

Per Alicja Bachulska, esperta di politica cinese presso il Consiglio europeo per le relazioni estere, l’attuale blocco del progetto risiede nel fatto che “Pechino ha esperienza nel ritardare i negoziati per concludere un accordo più redditizio: questo è stato il caso quando erano in corso i negoziati sul “Power of Siberia-1.“”